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Morte delle sorelle Agrati, per la Corte d’Assise il movente dell’omicidio è economico

Depositate le motivazioni della sentenza con cui la Corte d'Assise di Busto Arsizio ha condannato Giuseppe Agrati all'ergastolo per l'omicidio delle sorelle

tribunale di busto arsizio

Giuseppe Agrati uccise le sorelle per soldi. Lo ha stabilito la Corte d’Assise di Busto Arsizio, che nei giorni scorsi ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale a dicembre dello scorso anno ha condannato all’ergastolo l’uomo per il duplice omicidio delle sorelle Carla e Maria, morte nell’incendio divampato nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2015 nell’abitazione di famiglia al civico 33 di via Roma a Cerro Maggiore.

Secondo la Corte d’Assise, presieduta da Daniela Frattini con a latere Marco Montanari, le tensioni per la divisione dell’eredità dopo la morte di Antonio Agrati, fratello delle vittime e dell’imputato, avrebbero riaperto i dissidi già innescati dalla morte dei genitori. Ad accendere la miccia, poi, sarebbe stata la decisione di Carla Agrati di fare testamento a favore dei nipoti, escludendo di fatto il fratello.

«L’imputato – si legge nella sentenza – probabilmente agì perseguendo plurime finalità». In primis bloccare quel testamento che per lui proprio non “s’aveva da fare” e distruggere un eventuale testamento già predisposto dalla sorella. Poi riappropriarsi delle somme di denaro che a suo dire la sorella, con la quale aveva un rapporto conflittuale, gli aveva sottratto. E infine accedere all’eredità di entrambe le donne – soprattutto a quella di Maria Agrati, che secondo il fratello aveva fatto testamento a suo favore – e beneficiare delle polizze vita che avevano sottoscritto.

omicidio agrati cerro maggiore

A scagionare l’uomo agli occhi della Corte non è bastata l’obiezione che Giuseppe Agrati non avrebbe avuto alcun interesse a dare fuoco alla propria abitazione, anche perché l’immobile era assicurato. Per i giudici, insomma, non c’è dubbio che l’intenzione dell’uomo fosse quella di uccidere, altrimenti «si sarebbe premurato che non si trovassero nella casa al momento dell’azione o comunque si sarebbe adoperato per farle uscire» immediatamente.

La decisione della Corte d’Assise di Busto Arsizio di condannare l’uomo all’ergastolo era arrivata dopo oltre un anno di dibattimento e due nuove perizie che avevano stabilito l’una che Giuseppe Agrati era capace di intendere e di volere la notte dell’incendio e l’altra che il rogo non fu accidentale, mettendo un primo punto fermo a un “giallo” che aveva diviso il paese tra innocentisti e colpevolisti.

Giuseppe Agrati era stato arrestato a novembre del 2019 ma già da marzo dello stesso anno era indagato per la morte delle sorelleL’inchiesta inizialmente sembrava incanalata verso l’archiviazione: dai primi accertamenti tecnici e dalle risultanze testimoniali delle indagini della prima ora, infatti, secondo la Procura di Busto Arsizio non erano emersi indizi di colpevolezza tali da portare alla richiesta di rinvio a giudizio.

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La svolta era arrivata quando la Procura Generale di Milano aveva avocato il fascicolo aperto a carico del 70enne a seguito dell’opposizione presentata da un nipote delle due donne rispetto alla richiesta di archiviazione della Procura bustocca. Con la riapertura delle indagini, al civico 33 di via Roma erano stati effettuati nuovi sopralluoghi, anche con la presenza della Scientifica, e il quadro emerso dal supplemento di inchiesta aveva portato la pubblica accusa a chiedere – e ottenere – il rinvio a giudizio dell’uomo.

E dopo un anno di dibattimento, punteggiato fin da subito dalle dichiarazioni rese spontaneamente dallo stesso imputato – che però ha deciso di non sottoporsi all’interrogatorio della Corte -, l’ultima proprio al termine delle repliche in cui ha nuovamente parlato di «menzogne» sulla sua vita e sui suoi rapporti con le sorelle, per Agrati era arrivato l’ergastolo con nove mesi di isolamento diurno, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la condanna al risarcimento delle parti civili, alle quali fin da subito ha dovuto versare una provvisionale di 60mila euro a testa, in linea con quanto aveva chiesto la Procura.

Richieste alla quale la difesa del 70enne si era opposta puntando il dito contro la mancanza di un movente, contro quelle che riteneva e ritiene lacune nella ricostruzione dei fatti e contro la violazione del diritto di difesa del proprio assistito, il cui patrimonio è stato sottoposto a sequestro. I legali di Agrati, che durante l’arringa a chiusura del dibattimento avevano anche adombrato possibili scenari alternativi incentrati sul ruolo di una terza persona non identificata o addirittura della stessa Carla Agrati, come avevano annunciato fin dai primi minuti dopo la lettura del dispositivo della sentenza stanno già predisponendo l’atto di appello contro il provvedimento.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 24 Marzo 2022
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