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Violenza sulle donne: boom di chiamate durante il lockdown ma poche le richieste di soccorso

Secondo l'Asst Rhodense l’isolamento, la convivenza forzata in questo periodo di emergenza coronavirus, ha reso le donne, e i loro figli, più fragili e maggiormente esposte alla violenza di genere

Violenza sulle donne

La violenza di genere è diminuita del 36% nei due pronti soccorso dell’Asst Rhodense. È quanto emerso da una indagine statistica, effettuata dall’azienda sanitaria durante il periodo di lockdown. Paradossalmente, risultano però in aumento di circa il 70% le telefonate o gli accessi telefonici al numero nazionale 1522 e ai Centri antiviolenza a dimostrazione che le donne necessitano, di fatto, di sostegno e aiuto perché la convivenza forzata con il maltrattante, dettata dal regime restrittivo causato dalla pandemia, ha accentuato conflittualità e disagio intrafamiliare.

«Il fenomeno della violenza di genere – spiegano dall’Asst Rhodense -, nella fase di restrizione forzata nei contatti e nelle relazioni, ha acuito la drammatica fotografia che si legge su tutto il territorio nazionale e che non ha fatto sconti in nessuno dei contesti presi in analisi. Infatti, alla luce delle informazioni provenienti da tutto il mondo sull’incremento delle violenze durante il lockdown e della letteratura scientifica disponibile, possiamo escludere che anche in Italia, la diminuzione degli accessi nei Pronto Soccorso sia sintomo di una diminuzione della violenza».  Come spiega Alberti Annalisa, il confronto tra il primo quadrimestre del 2020 rispetto al quello del 2019 riporta un calo di circa il 36,4%. «Nei mesi di marzo e aprile è stato registrato una diminuzione del 65% rispetto allo stesso bimestre del 2019. Questo non implica che il fenomeno sia scomparso, ma, verosimilmente che le vittime abbiano avuto più difficoltà nel cercare aiuto in quanto costantemente sotto il controllo, o la convivenza forzata, degli aggressori».

Le donne vittime più fragili della convivenza forzata sono quelle di età compresa tra i 18 e i 48 anni, prevalentemente di nazionalità italiana, mentre la tipologia degli aggressori si conferma, nella maggioranza dei casi, dai partner che vivono nella medesima abitazione della vittima, a conferma di quanto la convivenza forzata sia deleteria per i rapporti tra coniugi. «L’isolamento al domicilio, previsto per contrastare la pandemia, in quelle situazioni famigliari già fortemente a rischio per il verificarsi di violenze fisiche e psicologiche, ha reso impossibile l’attivarsi del supporto esterno che consente alle donne di chiedere aiuto e sostegno, proprio a causa della costante presenza dei loro aggressori – commenta Franca Di Nuovo referente regionale per la medicina di Genere – Considerati tutti gli elementi a conforto dei dati raccolti e analizzati, si può concludere affermando con forza che l’isolamento, la convivenza forzata e l’instabilità socio-economica in questo periodo di emergenza coronavirus, sono fattori che hanno reso le donne, e i loro figli, più fragili e maggiormente esposte alla violenza domestica, senza peraltro avere la possibilità di accedere ai servizi che possono fornire risposte immediate e concreto supporto».

I dati raccolti sono stati occasione di approfondimento in un Live Webinar con il Gruppo Italiano Salute e Genere (GiSeG) dove l’Asst Rhodense è stata rappresentata da Alberti e Di Nuovo.

Redazione
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Pubblicato il 15 Luglio 2020
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