“Il Corpo in aula”
la riflessione di Dafne Guida, presidente della cooperativa Stripes che opera sul territorio di Rho e Legnano sul divieto di educazione sessuale alle medie
Un emendamento della Lega ha introdotto una stretta sull’educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole: il testo prevede che sia introdotta solo alle superiori e previo consenso dei genitori che dovranno conoscere temi e materiale didattico. Diversamente dalle scuole primarie e medie dove, invece, verrà vietato di parlare di tematiche sessuali in aula “ad attivisti ideologizzati” ed “esperti esterni”. Di seguito la riflessione di Dafne Guida, presidente della cooperativa Stripes che opera sul territorio di Rho e Legnano e che per anni ha svolto l’attività consulenziale di uno sportello ascolto pedagogico all’interno delle scuole con insegnanti e ragazzi.
«E’ a mio parere sconvolgente assistere a un passo indietro così radicale per l’educazione dei nostri ragazzi. Vietare l’educazione sessuale fino alle scuole medie non è solo un errore educativo – è il suo commento – è un atto di irresponsabilità sociale. In un momento storico in cui l’informazione corre veloce e l’accesso a contenuti spesso non controllati è alla portata di tutti, privare i giovani di un percorso di conoscenza scientifica, serena e guidata da esperti è un danno grave. L’educazione sessuale non è indottrinamento, ma uno strumento fondamentale per costruire consapevolezza, rispetto di sé e degli altri, prevenzione di abusi e malattie. La richiesta di “consenso informato” è solo un modo per scaricare la responsabilità su famiglie spesso impreparate o influenzate da pregiudizi, negando ai ragazzi il diritto di ricevere un’informazione completa.
Questa decisione dimostra una chiusura culturale anacronistica, una paura ingiustificata di affrontare temi naturali che, invece, andrebbero sdoganati e insegnati con professionalità. Il risultato? Resto solo al buio, con giovani disorientati e maggiormente vulnerabili a disinformazione e violenza.
Non si può più accettare che in Italia si neghi un diritto riconosciuto altrove in Europa da decenni, è ora di rivendicare un’educazione aperta, inclusiva e competente, non ideologica».









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