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Impianto Forsu: “Apriamo una discussione sulle ricadute ambientali”

E' la richiesta dei comitati di Mazzafame e San Paolo rivolta al consiglio comunale 

Il Comitato Laboratorio di Quartiere Mazzafame e il Gruppo di Quartiere San Paolo tornano  sull' l'impianto Forsu che dovrebbe entrare in funzione nel 2020 in via Novara, a Legnano, e chiedono all'amministrazione comunale che «si apra finalmente una discussione supportata scientificamente sulle ricadute ambientali e sanitarie dell’impianto che si vuole realizzare a Legnano».

Secondo i comitati, in città persiste «una cappa di silenzio che fin dall’inizio ha coperto il progetto dell’impianto di smaltimento della frazione organica dei rifiuti urbani (Forsu) per produrre prima biogas ed energia elettrica, ora biometano, di prossima realizzazione in Via Novara. Salvo il tentativo di legittimare l’operazione coinvolgendo scuole e studenti con gite fuoriporta». Il riferimento è al progetto di comunicazione Biometano for Students, che vede protagonisti gli studenti dell'Istituto dell'Acqua. Insieme ad Ala, Comune e Asja Ambiente Italia (la società che si è aggiudicata l'appalto dei lavori), i ragazzi coinvolti hanno di recente visitato l'impianto Forsu di Faedo, in Trentino, impianto similare a quello che sarà realizzato a Legnano e che secondo i progettisti «vanta due caratteristiche  che lo rendono all'avanguardia: la trasformazione del rifiuto umido e del verde in biogas, attraverso il processo di digestione anaerobica, che avviene in assenza di ossigeno, consentendo di risparmiare acqua e smaltire una quantità maggiore di verde, e l'aspirazione dell'aria che limita al massimo la fuori uscita di inquinanti».  Ma è proprio il processo di digestione anaerobica che viene contestato dai comitati che, al contrario, dichiarano: «In questi impianti di ecologico non c’è proprio niente: è un puro e semplice affare che sfrutta gli incentivi statali, recentemente confermati in modo generoso dal Decreto Biometano del 2 marzo scorso (4,7 miliardi di euro ). E che all’ambiente fa solo male».

«Ancora una volta – scrivono i comitati di Mazzafame e San Paolo – si degrada la materia organica con processi industriali che producono quantità di energia irrilevante in relazione all’investimento e alle ricadute, oltre a un digestato che chiamare “compost di qualità” è un tranello sia per l’effettivo contenuto biologico (e la digestione “a secco” è quella che, a causa del ricircolo totale del percolato sulla biomassa, produce i danni maggiori, con aumento del contenuto salino e la trasformazione più drastica dell’azoto originario in azoto ammionacale), sia per la pericolosità (la metodologia “ad alta temperatura” adottata seleziona proprio il contenuto delle spore batteriche più letali, tra cui il Clostridium botulini e il Clostridium tetani)». 

A supporto di questa tesi, il fronte del "no" all'impianto, riporta una dichiarazione Aldo Garofolo, ex-docente di analisi chimiche presso l’Università della Tuscia di Viterbo, facoltà di Agraria: «La decisione di trasformare il digestato in “compost” mediante fermentazione anaerobica finale è folle sia dal punto di vista agronomico che della tutela della salute. Ma risponde alla necessità dei progettisti e gestori di non portarsi dietro la zavorra di un residuo classificabile altrimenti come rifiuto speciale da smaltire». 

Tra le argomentazioni di chi si oppone al progetto rientra poi «l’aumento del traffico veicolare per il trasporto di Forsu da mezza provincia, le emissioni in atmosfera di precursori di polveri sottili, ossido di zolfo e altri inquinanti (non quantificate, nel nuovo progetto) in un territorio dove la qualità dell’aria è tra le peggiori in Europa, la collocazione di un impianto pericoloso nel contesto di un parco agricolo e in prossimità di un ospedale». Da sottolineare però che, con l'ultima variante del progetto, l'entrata all'impianto è stata spostata più internamente proprio per evitare che i camion in attesa restino su via Novara, creando così di conseguenza code di traffico.  

«Non è così che si risolve il problema dei rifiutiribadiscono comunque i comitati -, ma con una politica volta alla riduzione della loro produzione e in subordine al loro riutilizzo (nello specifico attraverso un vero compostaggio, quello aerobico). In un’ottica di economia circolare, ormai scelta imprescindibile per chi ha cuore la salute del pianeta e dei suoi abitanti».

Il progetto era già stato discusso lo scorso 5 dicembre in aula consiliare nell'ambito di una assemblea pubblica dedicata al progetto ma dopo che «recentemente il consiglio Regionale Lombardo ha accolto la richiesta di approfondire in Commissione Ambiente il tema della regolamentazione e del controllo sugli impianti di produzione biogas e biometano», i comitati chiedono «analoga sensibilità anche dal Consiglio comunale della città, auspicando che si apra finalmente una discussione supportata scientificamente sulle ricadute ambientali e sanitarie dell’impianto che si vuole realizzare a Legnano». 

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 06 Giugno 2018
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