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Tre anni fa il Covid a Legnano, Croce Rossa: «Non abbiamo più avuto tempo per fermarci»

I soccorritori della Croce Rossa di Legnano guardandosi alle spalle ricordano l'inizio della pandemia sul territorio

Croce rossa

«Pensavamo che il Covid non ci avrebbe mai toccato, come tutte le altre pandemie scoppiate nel mondo. Poi il virus è arrivato anche qui. Ci ha travolto. E da allora non abbiamo più avuto un attimo di tempo per fermarci e pensare». Così i soccorritori della Croce Rossa di Legnano guardandosi alle spalle ricordano l’inizio della pandemia sul territorio. La data è il 25 febbraio del 2020 quando arrivarono i primi casi nell’Ospedale di Legnano e al personale CRI venne chiesto di portare supporto a Bergamo.

Tanti ricordi rimasti impressi nella mente «situazioni estreme che non si dimenticano». Ma resta per tutti loro difficile esprimere le emozioni a parole. I soccorritori del Comitato CRI in 24 ore si sono trovati a passare dall’apparente normalità di via Pontida alla surreale Bergamo: la prima città in Lombardia colpita dal Covid. «Eravamo quasi increduli: dall’oggi al domani è iniziato il lock down – raccontano i soccorritori -. In pochi giorni ci siamo trovati per le strade desolate di Bergamo a dare una mano a una città devastata dal virus Sars- Cov2. Tutti erano malati e troppi sono morti. Sono stati momenti duri. Nonostante la tragedia i bergamaschi hanno avuto la forza di accoglierci e ringraziarci». Con commozione c’è chi si ricorda i momenti in cui ha dovuto dire alle famiglie che il proprio caro non ce l’avrebbe mai fatta: «Entravamo dentro le case, tutti bardati con le protezioni: si vedevano solo gli occhi. Abbiamo toccato con mano il dolore. Difficile spiegare… sono cose che ti lasciano un segno che non andrà mai via» ha spiegato Stefania. Da Bergamo il virus è poi arrivato con tutta la sua irruenza anche a Legnano. Qui i soccorritori hanno trovato una risposta diversa rispetto a quella espressa dall’intera comunità bergamasca: «C’è stato chi ha saputo esprimere generosità e chi rabbia – raccontano dal Comitato – Portavamo soccorso e in molti casi ci siamo trovati ad essere trattati come responsabili della diffusione del virus. E tutt’oggi è così… lascia l’amaro in bocca tutto ciò». In quei momenti, dove la pandemia era più acuta, c’era anche la paura di portare a casa il virus. Ed in seguito, ha ricordato Massimo, «abbiamo provato sulla nostra pelle la diffidenza. Si perchè magari i vicini di casa ci vedevano come potenziali untori».

Nonostante tutto l’associazione ha saputo reagire con prontezza riorganizzando tutti i suoi assetti: «All’inizio pensavamo che i dispositivi di protezione che avevamo in magazzino per il fabbisogno annuale fossero abbastanza – spiega Andrea Ciocia -. Invece non è stato così: sono terminati in poco tempo. Ma siamo riusciti ad organizzarci. Alla fine siamo sempre riusciti a garantire le adeguate protezioni a tutti i nostri soccorritori». In questo contesto un aiuto è arrivato anche dalla Cina: «Nelle scatole in cui erano contenuti i dispositivi c’era scritto “Siamo gocce dello stesso mare, siamo foglie dello stesso albero” una frase commovente che non dimenticherò mai. Perché è intrisa di verità e non dovremmo mai dimenticarlo». Ed oggi i soccorritori chiedono del tempo per poter «metabolizzare quanto accaduto» e non nascondono l’amarezza di esser stati «dimenticati dallo Stato: nonostante tutto il nostro impegno… siamo rimasti degli operatori tecnici specializzati. Eppure continuiamo dare il massimo per soccorrere le persone».

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Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 24 Febbraio 2023
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