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Omicidio di Carol Maltesi, la difesa di Fontana chiede il rito abbreviato in appello

I legali di Davide Fontana hanno rinnovato in appello la richiesta di rito abbreviato per il loro assistito, chiedendo la diminuente del rito

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I legali di Davide Fontana, condannato a 30 anni di carcere per l’omicidio, la distruzione e l’occultamento del cadavere della ex compagna e vicina di casa Carol Maltesi, uccisa e fatta a pezzi a gennaio 2022 in una casa di corte in via Melzi a Rescaldina, hanno rinnovato in appello la richiesta di rito abbreviato – già formulata e “bocciata” in udienza preliminare e in primo grado -, per il loro assistito, chiedendo la diminuente del rito.

Davide Fontana, trasferito nei mesi scorsi dal carcere di Busto Arsizio all’istituto penitenziario Torre del Gallo di Pavia dopo essere stato aggredito nel sonno dal suo compagno di cella, a fine settembre era stato ammesso all’istituto della giustizia riparativa dal Tribunale di Busto Arsizio. Il 43enne era stato condannato dalla Corte d’Assise di Busto Arsizio lo scorso 12 giugno dopo una camera di consiglio fiume durata sette ore, al termine della quale erano state escluse le aggravanti della premeditazione, delle sevizie e dei motivi abietti e futili, equiparando le altri aggravanti (la minorata difesa e la relazione affettiva) alle attenuanti generiche concesse. E le motivazioni della sentenza, depositate dopo soli 30 giorni, avevano scatenato non poche polemiche, rinfocolando quelle già nate subito dopo la lettura del dispositivo.

Quando è stata uccisa Carol Maltesi si era trasferita da poco meno di un anno a Rescaldina, andando a vivere in quella casa di corte dove poco dopo sarebbe andato ad abitare anche il 44enne, l’uomo che sarebbe diventato il suo carnefice. Lui stesso lunedì 28 marzo 2022, ad oltre due mesi dalla morte della donna, si era presentato dai Carabinieri offrendo informazioni che da subito erano risultate contraddittorie agli occhi degli inquirenti rispetto a quanto emerso fino a quel momento dalle indagini. Sottoposto ad una serie di contestazioni, Fontana aveva finito per confessare l’omicidio e l’occultamento del cadavere, prima conservato in un congelatore appositamente acquistato e poi, una volta fatto a pezzi, gettato in un dirupo di montagna in Valcamonica dopo un primo tentativo di bruciarlo in un barbecue.

A fine ottobre, poi, era iniziato il processo a suo carico e la Corte d’Assise, dopo aver ascoltato i testimoni, i consulenti e lo stesso imputato, aveva deciso di accogliere la richiesta di perizia psichiatrica che i legali dell’uomo avevano avanzato fin dall’apertura del dibattimento nonostante l’opposizione della Procura e delle parti civili: perizia che aveva messo nero su bianco la capacità di intendere di volere di Davide Fontana, per il quale la Procura aveva poi chiesto l’ergastolo con due anni di isolamento diurno e totale. La difesa, invece, aveva chiesto di escludere le circostanze aggravanti, concedere le attenuanti generiche e applicare all’imputato la pena della reclusione nei minimi previsti dalla legge.

Ora per Davide Fontana si aprirà un nuovo capitolo giudiziario. Già la Procura di Busto Arsizio, peraltro, aveva deciso di ricorrere in appello contro la decisione del Tribunale di Busto Arsizio, ribadendo per il 43enne la richiesta di ergastolo.

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Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 19 Ottobre 2023
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