Quantcast

Accam: “Non chiedere all’oste se è buono il suo vino…”

I sindaci di 5 piccoli Comuni soci di Accam rispondono alla lettera del presidente della società sui costi (36milioni) derivanti dallo spegnimento dell'inceneritore chiesti da Legnano...

(v.a.) – «Non chiedete all’oste se il suo vino è buono!! Inevitabilmente ogni oste confermerà la bontà del proprio vino». Inizia così la risposta dei sindaci soci dei Comuni di Buscate, Canegrate, Castano Primo, Magnago e Vanzaghello alla lettera del presidente del CdA Accam indirizzata a Legnano e Parabiago,  nella quale comunica il costo dell'eventuale spegnimento dell'inceneritore di Borsano, pari a 36milioni di euro. Qui il nostro servizio. 

Il riferimento è alla scelta di chiedere i dati finanziario-economici alla società direttamente interessata dalla possibile chiusura dei forni, quando esiste un tavolo tecnico appositamente istituito per studiare i diversi scenari sul destino di Accam. Ricordiamo che i 5 Comuni firmatari di questa lettera sostengono la dismissione completa dei forni per realizzare una fabbrica dei materiali (centro riciclo): «Un vero assist – commentano i primi cottadini – per spargere il panico tra i soci con la minaccia di pesanti perdite patrimoniali, disastri nel conto economico ed addirittura mettendo in forse la stessa “continuità aziendale».

A fronte del lavoro difficile ma veramente significativo nel metodo e nei risultati del “tavolo tecnico”, i sindaci lo scambio epistolare che ha posto in evidenza solo alcune delle sfaccettature presenti nella complicata questione del futuro della società Accam, ha lsciato perplessi i 5 sindaci. «Se si vuole continuare con la logica del dibattito basato sui fatti e sulla condivisione del metodo era (ed è)  – tornano a proporre "i piccoli" – meglio convocare nuove sessioni del tavolo tecnico con esperti contabili e ragionieri e non solo esperti nelle tecnologie di trattamento rifiuti».

«Noi possiamo prendere buona nota delle ricadute patrimoniali (peraltro in parte già presenti nel lavoro provvisorio del tavolo tecnico) – insistono gli amministratori a cui premono le ricadure sanitarie –  ma tutti devono considerare e non dimenticare ancora una volta le ricadute sanitarie ed ambientali della tecnologia dell’incenerimento».

I sindaci evidenziano infine alcuni fatti con i quali intendono confutare alcune affermazioni contenute nella lettera del CdA (che pubblichiamo di seguito) e concludono così: «Qualsiasi socio dovrebbe fare questa valutazione: investire 13 milioni per la Fabbrica dei Materiali che sicuramente ha una gestione elastica e slegata dai fattori esogeni citati oppure rischiare quasi 40 milioni ( se le banche li prestano) per il revamping dell’inceneritore che invece è un impianto molto rigido e legato a fattori di rischio indipendenti anche dalla buona volontà di Soci ed Amministratori ??»


1)  Nel bilancio 2013 il CdA aveva incrementato del 15% la voce “ricambi di magazzino” portandola ad un valore di oltre 3,2 milioni.Durante l’assemblea al rappresentante di Vanzaghello che chiedeva spiegazioni su questa rivalutazione di ben 440 mila euro veniva risposto che “ erano stati attentamente valutati anche singole viti e bulloni (di valore unitario inferiore a 50 Eur) “.

Allora il rappresentante comunale aveva criticato il fatto che a fronte di una spesa annua per ricambi di 2,2 milioni fosse in essere un magazzino di ben 3,3 milioni; adesso scopriamo che quelle “viti e bulloni” possono servire solo ed esclusivamente per l’inceneritore e non per un altro impianto (come la Fabbrica dei materiali) pure complesso dal punto di vista meccanico, elettrico ecc.
Insomma “viti e bulloni” sono servite prima per “abbellire” l’attivo del bilancio 2013 e adesso vengono “buttate al macero” con ricavo pressoché a zero “… per la specificità del materiale” !!

2)  Tutti hanno capito che un conto è il valore “di libro” (ossia quanto è valorizzato un cespite a bilancio) un altro conto è il valore “commerciale” del medesimo cespite. Il valore dell’inceneritore (circa 20 milioni) è un valore di libro: se si volesse “dare in garanzia” questo impianto alle banche finanziatrici probabilmente lo stesso avrebbe un “valore cauzionale” decisamente minore e, pertanto, occorrerebbe provvedere a fornire ulteriori e capienti garanzie alle banche stesse.

3)  Sappiamo che l’auspicata chiusura dell’inceneritore avverrà progressivamente e realisticamente in 3/5 anni durante i quali si potrà provvedere a contabilizzare nei bilanci la progressiva svalutazione dell’asset ma anche, contemporaneamente, iscrivere nel patrimonio aziendale il progressivo completamento della Fdm (circa 13 milioni).

E questa svalutazione progressiva del cespite aziendale da un lato non avrebbe alcuna diretta incidenza sui bilanci comunali dei soci ( a normativa vigente), cioè (per chiarirlo anche rispetto agli articoli di stampa) i cittadini non avrebbero nessun aumento automatico della tassa rifiuti , dall’altro lato ridurrebbe sostanzialmente la quota annua degli ammortamenti con un significativo impatto positivo sui conti economici annuali successivi.

4)  Costi di bonifica: nel bilancio 2013 risultavano accantonate somme pari a circa 230 mila eur per i costi di bonifica relativi al solo vecchio impianto (camini abbattuti) (cfr. verbali assemblea approvazione bilancio 2013) . Non sembra siano state appostati fondi per la bonifica finale del sito che comunque, prima o poi, dovrà avvenire. Anche qui occorre chiarezza: se si smantella l’inceneritore e al suo posto si apre la FdM la bonifica da fare è sicuramente limitata e comunque , presi per buoni gli 8 milioni scritti nella lettera del CdA, ogni anno da qui al 2025 dovranno essere accantonati sicuramente almeno 750 mila eur all’anno. Tra l’altro gli 8 milioni previsti per la bonifica sono uguali alla cifra residua (8,250 milioni) messa in bilancio come debito verso il Comune di Busto per il diritto di superficie. Qualcuno ha qualche idea in merito??

5)  La lettera del Cda non nasconde che la criticità più evidente ed urgente è dovuta alla perdita in conto economico: siamo passati dal milione perso nel 2013 al milione e seicentomila che perderemo nel 2014. E si ipotizza una perdita simile per i prossimi 3 anni (4,8 milioni totali).

Il punto centrale è proprio questo. Accam è una società che avrà bilanci in attivo ( a revamping eventualmente effettuato) se e solo se ci saranno tutta una serie di fattori positivi concomitanti quali:

–  Prezzo elevato e stabile relativo alla vendita a terzi dell’energia elettrica

–  Continuità di incasso degli incentivi statali (ex certificati verdi)

–  Elevata richiesta di vapore per teleriscaldamento ad un prezzo congruo (cosa non semplice

avendo un unico cliente!)

–  Quantità e qualità dei rifiuti conferiti sufficienti a coprire i costi: è indispensabile secondo lo

stesso progetto di revamping un bacino di almeno 610 mila abitanti con raccolta differenziata non spinta (max 80%): perciò bisognerebbe che tutti gli attuali comuni soci più quelli serviti dalle 3 aziende (Amga, Agesp, AMsc) vengano obbligati a conferire solo ad Accam oppure, in alternativa, all’inceneritore dovranno arrivare quantità notevoli di rifiuti dal sud Italia.

–  Prezzo di conferimento per tonnellata bruciata stabile a fronte di una concorrenza che invece pratica anche politiche di dumping.

–  Oneri finanziari sostenibili rispetto alla massa critica dell’indebitamento ( e qui si dovrebbe affrontare la questione della bancabilità di un investimento di 40 milioni, delle relative garanzie richieste nonché della necessaria trattativa con i finanziatori per i covenants)

6)  Qualora uno o più dei punti precedenti dovesse anche solo modificarsi in maniera sostanziale tutto l’equilibrio economico e finanziario sarebbe messo in discussione per gli anni a venire.

Questa è la vera criticità correlata alla “continuità aziendale”: non tanto come scritto nella lettera del CdA l’aspetto patrimoniale ( basterebbe un patrimonio minimo ai sensi di legge per assicurare la continuità giuridica dell’azienda) quanto l’aspetto legato al conto economico.

A fronte di un cospicuo investimento (quasi 40 milioni) basterebbe un calo dei prezzi dell’energia elettrica o la cessazione degli incentivi statali o semplicemente la virtù dei cittadini che possono arrivare a produrre meno “secco” differenziando fino alle percentuali oggi possibili del 90/95% per mettere a repentaglio il fragile equilibrio aziendale.

Qualsiasi socio dovrebbe fare questa valutazione: investire 13 milioni per la Fabbrica dei Materiali che sicuramente ha una gestione elastica e slegata dai fattori esogeni citati oppure rischiare quasi 40 milioni ( se le banche li prestano) per il revamping dell’inceneritore che invece è un impianto molto rigido e legato a fattori di rischio indipendenti anche dalla buona volontà di Soci ed Amministratori ??

Rimaniamo convinti che una soluzione valida per i cittadini e il territorio per i prossimi decenni non possa che arrivare da un sereno ed articolato confronto con tutti gli shareholders e stakeholders, senza scorciatoie ad uso mediatico o di facile presa sull’emotività pubblica. 

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
Noi di LegnanoNews abbiamo a cuore l'informazione del nostro territorio e cerchiamo di essere sempre in prima linea per informarvi in modo puntuale.
Pubblicato il 26 Novembre 2014
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore