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Spaccio nei boschi: a Rescaldina una equipe socio-sanitaria a supporto della marginalità

Dal 2021 in stazione a Rescaldina è attiva un'equipe multidisciplinare, con capofila Cooperativa Albatros, che opera insieme ad amministrazione e forze dell'ordine per arginare il fenomeno dello spaccio. Intervista alla coordinatrice.

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Repressione, riduzione del danno, prevenzione e cura. Sono i quattro pilastri che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito per il contenimento dello spaccio. A Rescaldina amministrazione comunale, forze dell’ordine e operatori sociali stanno lavorando in questa direzione per cercare di intervenire all’interno del parco del Rugareto, tristemente conosciuto come “bosco dello spaccio”, e arginare un fenomeno che è salito agli onori della cronaca dopo alcuni episodi di violenza ma che è da anni che si presenta ed è diffuso su un territorio molto più esteso, che coinvolge diverse amministrazioni, sia del Legnanese che della Provincia di Milano.

Dopo anni di stazionamento nelle aree boschive del Castanese, una parte dello spaccio si è “trasferito” più a nord-est, all’interno del Rugareto, rimanendo sempre sulla direttrice Milano-Cadorna. La stazione è un punto di riferimento essenziale per chi deve acquistare droga ed è anche per questo che la rete di spaccio si è sviluppata attorno a Rescaldina, uno dei punti di accesso al bosco ormai diventato un grande mercato di sostanze di ogni genere.

Per intercettare i consumatori e cercare di coinvolgerli in percorsi di cura, dal 2021 in stazione a Rescaldina è presente, 3-4 pomeriggi la settimana un’equipe multidisciplinare composta da educatori, psicologi e assistenti sociali di Albatros cooperativa Sociale, Comunità Nuova e Lotta contro l’Emarginazione. Operano su tutto il territorio del Milanese, grazie ad un bando di Regione Lombardia, in collaborazione con il Piano di zona dell’Alto Milanese e sono attivi anche in altre zone come il Castanese. «Insieme alle forze dell’ordine lavoriamo per incontrare queste persone e ridurre i danni legati al consumo di sostanze stupefacenti – spiega Elisa Casini, coordinatrice del progetto e referente di Albatros -, facendo anche un servizio di sanità pubblica per prevenire la diffusione delle malattie. Dopo un periodo di osservazione e di incontri con diversi gruppi di Rescaldina, ci siamo posizionati nelle zone di maggiore passaggio; non entriamo nei boschi, facciamo gli operatori sociali. Non riusciamo a intercettare chi acquista le dosi in macchina: il sistema funziona come un take- away, arrivano, prendono la dose e vanno via. Cerchiamo invece di avvicinare chi arriva a piedi e utilizza spesso la stazione. A Pasqua il progetto compirà un anno e se all’inizio c’era una certa diffidenza, con il tempo le persone hanno iniziato a fidarsi di noi. Dopo mesi in cui agganciavamo due-tre persone all’uscita, adesso siamo arrivati a una media di 15 persone. Qualcuno è entrato in comunità, altri sono stati orientati a servizi di cura come il Sert in diversi territori: in stazione arrivano persone dalla zona ma anche da Novara, da Milano e altre città ancora».

Il progetto ha il compito di intervenire su una fascia di popolazione che spesso non arriva ai servizi di cura e permette di avere uno sguardo specialistico sul fenomeno che ha bisogno di essere compreso nella sua globalità: «A Rogoredo, ad esempio, c’è una percentuale maggiore di persone che arrivano dalla marginalità che per lo più vivono i strada e hanno un problema di dipendenza molto importante; a Rescaldina – spiega Elisa Casini – le persone che incontriamo sono ancora in una fase intermedia. Sono persone che non utilizzano per forza eroina per via iniettiva, consumatori di cocaina, con diversi gradi di dipendenza. Magari hanno più barriere alzate all’inizio ma quando queste calano la possibilità di intervenire è maggiore. Ci sono persone che tornano, persone che utilizzano in maniera controllata le sostanze e che ancora vivono in famiglia, qualcuno ha un lavoro, altri no. Le droghe più consumate sono la cocaina e l’eroina che viene prevalentemente fumata. La percezione, fumandola, è che sia meno pericolosa e il rischio è che si avvicini un target più giovane: i danni sul corpo e sulla dipendenza sono però gli stessi».

Anche l’età dei consumatori è piuttosto eterogenea: «Si va dai 22-23 anni ai 60 con una prevalenza di 35-40enni – descrive Elisa -. Abbiamo anche un target di persone straniere che sono più difficili da raggiungere ma che oggi stiamo riuscendo a intercettare perchè il progetto si sta radicando, c’è maggiore fiducia e sono le persone stesse che incontriamo a veicolare informazioni su di noi». Questo è prevalentemente un lavoro di presidio sociale che, associato al lavoro delle forze dell’ordine, conclude Elisa «ci permette di mettere in campo azioni contestualizzate e maggiormente efficaci. Ci permette di lavorare sul tema della prossimità, dell’inclusione sociale e del reinserimento delle persone che sono spesso ai margini. Per contrstare il fenomeno serve intervenire su più ampia scala, per evitare che il problema si sposti nel comune limitrofo, così come si sta cercando di fare sul territorio, creando connessioni con i comuni dell’intero ambito, con le equipe che lavorano nei territori confinanti».

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Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 09 Aprile 2022
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