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Investimento ferroviario a Parabiago, il comitato pendolari: “Abbandonati per ore nel caos”

Il racconto di un pendolare che si fa portavoce dei pendolari dopo l'incidente ferroiviario. Trenord: "Attivate le procedure di sicurezza"

Generico 27 Oct 2025

Ha avuto forti ripercussioni sulla circolazione ferroviaria l’investimento mortale avvenuto nella serata di lunedì 27 ottobre a Parabiago, dove una persona ha perso la vita sui binari dopo le 18.30. L’incidente ha coinvolto due convogli, rimasti fermi per più di tre ore: uno ha poi proseguito fino a Busto Arsizio, dove sono stati messi a disposizione due bus sostitutivi per consentire ai passeggeri di proseguire il viaggio. L’altro, invece, ha terminato la sua corsa a Rho,  ma in quel caso – spiegano da Trenord – non c’erano autisti e mezzi disponibili nell’immediato. Alcuni viaggiatori si sono quindi arrangiati con mezzi propri o taxi: solo alle 23 e 55 è stata ripristinata la circolazione e i treni sono ripartiti per riportare le persone verso casa. È ripartito un treno per Varese, uno per Arona, uno per Domodossola, uno per Milano Porta Garibaldi.

L’incidente e le ore di attesa

Le indagini sulla dinamica dell’incidente sono tuttora in corso. Secondo le prime ricostruzioni, uno dei treni avrebbe investito la vittima, vicino al passaggio a livello, e l’impatto avrebbe coinvolto anche un secondo convoglio.

Sul treno partito da Milano Porta Garibaldi alle 18.29 e diretto a Varese, i passeggeri sono rimasti fermi fino alle 22. «Ero sul treno delle 18.29 – racconta un pendolare –. Dopo Rho abbiamo saputo di problemi sulla linea S5. Superata Parabiago, il treno davanti a noi si è fermato: prima ci hanno parlato di un investimento di animali, poi ci hanno detto che si trattava di un corpo di un uomo sui binari. Da lì è iniziata una lunga attesa».

«Tre ore bloccati, senza informazioni»

Il racconto continua: «La gente iniziava a innervosirsi, chiedeva di scendere, ma ci è stato spiegato che senza l’ok del magistrato la centrale operativa non poteva muovere nulla. Abbiamo chiamato Trenord, il 112, la Polfer, ma nessuno sapeva darci notizie. Tutti dicevano solo di attendere».

Il convoglio è rimasto fermo per circa tre ore prima di poter retrocedere fino a Rho. «Per fortuna c’era un bagno aperto in stazione: le persone erano stremate, e non c’era nessun bus sostitutivo. Chi doveva proseguire verso Varese o Porta Ceresio non sapeva come tornare. Abbiamo chiamato i taxi e ci siamo organizzati in gruppi: noi abbiamo speso 13 euro a testa e siamo arrivato a casa alle 23.30». I treni sono ripartiti alle 23.55.

Il rappresentante del Comitato Pendolari Gallarate–Milano, che ha raccolto diverse testimonianze, lancia quindi un appello: «In situazioni come questa bisognerebbe avere un coordinamento tra Trenord, autorità e comitati dei pendolari, per gestire le emergenze. Anche solo due bus, un servizio taxi convenzionato, dell’acqua o un’ambulanza per chi non sta bene. Tre ore fermi in un treno sono tante: qualcosa si può fare».

Pur nel rispetto della tragedia e del lavoro delle forze dell’ordine, i pendolari chiedono che episodi come questo non si traducano più in ore di abbandono e confusione. «I capitreno hanno fatto il possibile – conclude il pendolare – ma servono protocolli chiari, informazioni tempestive e un piano d’emergenza condiviso. Oggi ci sono chat e social che ci permettono di aggiornarci tra noi, ma non può essere questa la soluzione». Sulla questione emergenza Trenord fa sapere che è assolutamente previsto un protocollo per l’emergenze: l’ambulanza viene attivata in caso di necessità e la ricerca dei bus sostituti viene attivata nell’immediato, ma la carenza di mezzi e autisti non consente di dare sempre risposte all’emergenza. 

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 28 Ottobre 2025
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