Amai teneramente dei dolcissimi amanti
senza che essi sapessero mai nulla.
E su questi intessi tele di ragno
e fui preda della mia stessa materia.
In me l’anima c’era della meretrice
della santa della sanguinaria e dell’ipocrita.
Molti diedero al mio modo di vivere un nome
e fui soltanto una isterica.

Alda Merini,
dall'antologia "Fiore di poesia" (Einaudi editore, Milano, 2017)

«Dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita». Così scriveva Alda Merini. La poetessa, infatti, visse anni di internamento e subì anche diversi ellettroschock. Il primo ricovero è datato 1964, all'ospedale Paolo Pini di Milano, quando Alda aveva già partorito le sue prime due figlie. Fino al 1972 rimane ricoverata nell'istituto, con brevi periodi concessi di ritorno tra le mura domestiche (sempre più brevi perchè le causano crisi depressive). In questo periodo nascono le sue altre due bambine. Tra il 1972 e il 1979 gli episodi di internamento sono sporadici. Gli anni Ottanta vedono la poetessa rivivere gli orrori dell'ospedale psichiatrico, questa volta a Taranto. Nel 1986 torna a Milano. La sua città, la sua casa. E' a Milano che si spegne per tumore (dovuto alle sue amate sigarette, mai abbandonate nonostante i divieti dei medici) nel 2009.