“Il tempo che sei scompare, ciò che resta non sei te”
La poesia di questa settimana è a firma di Giovanni Giudici
Mi chiedi cosa vuol dire
la parola alienazione:
da quando nasci è morire
per vivere in un padrone
che ti vende – è consegnare
ciò che porti – forza, amore,
odio intero – per trovare
sesso, vino, crepacuore.
Vuol dire fuori di te
già essere mentre credi
in te abitare perché
ti scalza il vento a cui cedi.
Puoi resistere, ma un giorno
è un secolo a consumarti:
ciò che dài non fa ritorno
al te stesso da cui parte.
È un’altra vita aspettare,
ma un altro tempo non c’è:
il tempo che sei scompare,
ciò che resta non sei te.
Giovanni Giudici
(in "Tutte le poesie", Mondadori, 2014)
Novantacinque anni fa nasceva Giovanni Giudici. Il poeta e giornalista italiano, poi spentosi nel 2011, nacque a Le Grazie (Portovenere) il 26 giugno del 1924. Tra gli autori più significativi del Novecento italiano, Giudici è riuscito a raccontare in versi la quotidianità di una vita da impiegato, le sue difficoltà, i momenti tragicomici, l'educazione cattolica e il forte desiderio di una società più equa.
Un aneddoto per ricordarlo risale ai suoi primi anni di lavoro: dopo essere stato garzone di cucina in una caserma della Royal Air Force, fu scelto come impiegato d’ordine avventizio al Ministero dell’Interno, assegnato all’ufficio stampa della Questura di Roma. Cosa comprare con il primo stipendio? Una copia del Canzoniere di Umberto Saba.
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