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Il 20 settembre 1870, la Breccia di Porta Pia e l’Italia unita

Ricorrono i 150 anni dalla data che celebra l'entrata delle truppe italiane a Roma e la fine del potere temporale della Chiesa, dopo un millennio di storia. Data oggi da molti ignorata, per altri molto significativa

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Il giorno del completamento dell’unità nazionale: la data del 20 settembre che è celebrata da tante vie in Italia risale al 1870, con la conquista dello Stato Pontificio da parte de Regno d’Italia. Compiuta in un periodo di rivolgimenti europei, la conquista di Roma segna la fine del potere temporale della Chiesa e l’elevazione della “Città eterna” a capitale dell’Italia unita, prima monarchica e poi, dal 1946, repubblicana

La conquista di Roma fu una vera, breve guerra, che contrappose per nove giorni, dal pomeriggio dell’11 al pomeriggio del 20 setembre, le truppe italiane a quelle dello Stato pontificio, retto allora da Papa Pio IX. Il Regno d’Italia schierava oltre 50mila uomini guidati dal generale Raffaele Cadorna (piemontese, originario di Pallanza e padre del più noto e contestato Luigi Cadorna), il Papa contava su 13mila tra soldati, carabinieri pontifici e truppe straniere inquadrate, tra cui i celebri Zuavi, in maggior parte francesi

Il giorno che si celebra come data nazionale – il 20 settembre, appunto – coincide con la Breccia di Porta Pia, lo sfondamento delle linee di difesa pontificie attestate alle mura di Roma: l’artiglieria e i bersaglieri sabaudi ebbero la meglio sugli zuavi. Di fatto si trattò dell’unico scontro rilevante: il Regio esercito ebbero 49 morti e 141 feriti, quello pontificio 20 morti e 49 feriti (in larga parte zuavi, che erano prevaletemene di nazionalità francese). Quasi tutti in realtà morirono dopo giorni o settimane: allora in guerra si moriva meno sul campo di battaglia e molto di più dopo, per infezioni e complicanze.

La annessione di Roma – di cui si parlava da anni e su cui si tentò a lungo la via diplomatica – fu resa possibile dalle particolari condizioni di instabilità che l’Europa stava vivendo in quella fase. Nell’arco dell’anno Giuseppe Mazzini aveva cercato di promuovere a più riprese rivolte e insurrezioni per spingere l’Italia a conquistare Roma. La spedizione militare fu resa possibile dalle difficoltà della Francia del Secondo Impero, che si ergeva a cattolicissima alleata e protettrice del potere temporale di Mastai Ferretti, l’ultimo Papa Re: sul finire dell’estate del 1870 i francesi avevano subito già le prime sconfitte della guerra Franco-Prussiana e una parte del Paese era occupato dai tedeschi, con le città assediate (dalla guerra Franco-Prussiana nacque poi nel 1871 la Germania moderna, unificazione dei precedenti stati preunitari).

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La fotografia di Porta Pia scattata il 21 settembre dal pittore e fotografo Gioacchino Altobelli, che mise in posa bersaglieri e soldati della fanteria piemontese nel luogo riconosciuto, da subito, come simbolo della conquista di Roma

Dopo che le truppe italiane dilagarono in Roma nel pomeriggio del 20 settembre, la conquista fu poi ratificata con un plebiscito il successivo 2 ottobre 1870, che si concluse con 133.681 Sì contro 1.507 No (a causa della scelta cattolica di boicottare la consultazione popolare). Tra il 9 e il 15 ottobre, con una serie di Leggi, lo stato pontificio cessò di esistere dopo un millennio di storia (tradizionalmene si fa riferimento al 728 d.C., la “Donazione di Sutri”) e i territori passarono sotto il Regno d’Italia.

Nel febbraio 1871 Roma divenne la nuova capitale: era la terza del Regno d’Italia, dopo Torino e Firenze. Sarebbe stata abbandonata – nei fatti – solo nel 1943-44, con il trasferimento della sede del governo e della corte reale a Salerno, mentre sulle sponde del Tevere spadroneggiavano i nazisti.

Il 20 settembre divenne festa nazionale, celebrata anche dagli emigranti all’estero (a volte con accesi toni anticlericali, altre con spirito di puro orgoglio nazionale), e rimase tale fino al 1929, fino ai Patti Lateranensi, l’accordo tra Italia fascista e Chiesa cattolica che restituì una sovranità alla Santa Sede, con la nascita dello Stato Città del Vaticano. I Patti sancirono la normalizzazione delle relazioni tra Italia e Chiesa Cattolica, che fino ad allora – per più di mezzo secolo – erano rimasti molto tesi e avevano comportato anche un lungo periodo di autoesclusione dei cattolici dalla vita politica del Paese, almeno fino agli anni Dieci del Novecento.

Dal 1929  la data del “XX settembre” – come compare sulle targhe di tante vie nelle città d’Italia – è passata progressivamente in secondo piano. È ancora osteggiata dalla componente più conservatrice del mondo cattolico italiano e non solo (ma il grosso del mondo cattolico la ignora, a differenza di un tempo, prima del 1929, in cui era giorno di lutto).

 Viene invece ancora oggi celebrata dai repubblicani e dai mazzinini, che “ricordano il valore laico di  questa ricorrenza, invocando la Roma del Popolo di Giuseppe Mazzini come ideale di progresso e pace universale fra i popoli di tutto il mondo, chiamati a riconoscersi fratelli, deponendo ogni forma di antagonismo di stampo etnico, razziale e religioso“, come si legge nel messaggio di quest’anno dell’Associazione Mazziniana, che ha sede a Genova.  “Ricordare il XX settembre non significa semplicemente avere chiara consapevolezza della laicità dello Stato e della separazione delle sfere di competenza rispetto alla Chiesa, ma anche rivendicare i principi democratici ed il potenziale ancora inespresso della Costituzione Italiana”.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 19 Settembre 2020
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