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“Impariamo ad adattarci come farebbe uno studente all’estero”

La riflessione della legnanese Laura Toia, che dopo 8 mesi di liceo in Arkansas paragona la quarantena a un un anno in giro per il mondo

Laura Toia

Tornare da uno scambio studentesco all’estero e trovarsi chiusi in casa per una emergenza sanitaria. La legnanese Laura Toia racconta la sua esperienza di studentessa che dopo avere affrontato una nuova vita in Arkansas ne ha dovuto intraprendere un’altra nella sua città, lontana da parenti e amici. La liceale paragona la quarantena alla partenza per un anno in giro per il mondo perchè «in questi mesi siamo diventati tutti un po’ exchange student, incontrando difficoltà alcune più grandi di altre, scoprendo che a volte il sostegno di coloro che amiamo è fondamentale».

Gentile lettore,

Mi chiamo Laura Toia e sono tornata da un mese circa in Italia dopo il mio quarto anno di liceo all’estero come exchange student.

Frequento il liceo scientifico tecnologico all’Istituto Bernocchi di Legnano e l’anno scorso ho deciso di intraprendere questa grande esperienza vivendo 10 mesi all’estero.

Il 4 aprile sono tornata in Italia dopo otto mesi in un piccolo paesino nello stato dell’Arkansas, chiamato Mcgehee.

Mcgehee è una piccola città di circa 4000 abitanti circondata da campi e natura.

Un’esperienza di questa portata cambia il tuo modo di relazionarti con gli altri, il tuo modo di vedere le cose e ti lascia stupito di fronte alle tante difficoltà che incontri e che prima non immaginavi neanche di essere in grado di affrontare.

Scopri una nuova cultura, impari una nuova lingua, conosci gente nuova, nascono nuove passioni e legami che rimarranno per sempre e scopri come il mondo possa essere “immenso e piccolo” allo stesso tempo.

Diventare un exchange student è una sfida con te stesso perché dietro alla partenza c’è una lista infinita di difficoltà, avventure, esperienze ed emozioni nuove che ti troverai davanti.

Essere un exchange student significa anche partire con una valigia colma di vestiti, scarpe e giubbotti e tornare con due bagagli colmi invece di ricordi, emozioni uniche ed insegnamenti che ti porterai dietro per sempre.

Penso che la parte più complessa del mio anno in America sia stato l’adattamento. Sono sempre stata una persona con la mente aperta a nuove emozioni, nuove culture e ho sempre apprezzato chi era diverso da me nel modo di pensare e vivere.

Ho sempre amato viaggiare ma in America ho imparato che ci sono due tipi di adattamento. L’adattamento temporanea e quello invece a lunga durata.

Quando si viaggia e si visita un nuovo paese per due settimane o anche un mese, non ci si stanca mai di stupirsi. Mentre stando via un arco di tempo più lungo, dopo due o tre mesi ciò che all’inizio era completamente nuovo, diventa la normalità e ciò che in Italia era per te routine, ora che ne devi fare a meno, ne senti la nostalgia.

Il segreto? Trovare in ogni singolo giorno un qualcosa di cui stupirsi e per cui rendere la nostra giornata un ricordo importante: provare nuovi cibi e attività, trovare un hobby diverso ogni girono, non aver paura di provare nulla e fare nuove esperienze anche con quel pizzico di paura o ripensamento che ci blocca.

Quando ho lasciato l’Italia non avevo pensato minimamente che adattarsi potesse essere così difficile e anche quando ero in America non mi aspettavo che tornare a casa sarebbe stato come partire per l’anno all’estero una seconda volta.

Quando decidi di intraprendere un’esperienza all’estero coloro che sono stati exchange students prima di te ti dicono sempre “Non ti preoccupare perché la tua vita in Italia sarà lì ad aspettarti e ritroverai tutto come prima. Quella che sarà diversa sarai tu.”

Ho pensato molto a quelle parole ma non avrei mai pensato di tornare a casa con due mesi di anticipo e di ritrovare la mia città vuota, le strade deserte, i negozi bui e un silenzio assordante.

Questo virus ha sconvolto completamente il mio ritorno, il nostro modo di essere e di vivere. Mi ha obbligata a stare 15 giorni chiusa in camera mia per evitare un possibile contagio, dopo il lungo viaggio di ritorno. Dopo 8 mesi di libertà dall’altra parte dell’oceano, sono tornata a casa ed era come se tutta la mia libertà fosse stata messa da parte. Ci obbliga a stare lontani ma ci sta insegnando davvero l’importanza di tutto ciò che prima consideravamo scontato e quanto le persone possano portare il sole nelle giornate di poggia.

Mi ricordo esattamente quando ho saputo del primo caso di coronavirus a Legnano, era come se quel nuovo nemico invisibile fosse accanto a me, anche se mi trovavo ad un oceano di distanza da questa città, verso cui era rivolto il mio pensiero e il mio cuore.

Nulla ti spaventa fin quando è lontano ma quando quel nemico arriva fino alla tua porta allora noti e senti davvero la sua presenza.

Tornare in Italia ha significato per me un nuovo ostacolo. Mi sono dovuta adattare a questa nuova vita; e l’idea di avere i miei famigliari e i miei amici a poca distanza e non poterli vedere è la parte più impegnativa e faticosa.

Ritengo che, come in America, anche qui, dalle nostre case, bisogna cercare in profondità e cogliere il lato positivo delle cose anche quando di fronte a noi vediamo solo il peggio.

Questa quarantena in un certo senso può essere come partire per un anno da qualche parte in giro per il mondo. Dobbiamo adattarci a questa nuova vita che ci obbliga a lasciare da parte le nostre abitudini e dare del nostro meglio per rendere ogni giorno speciale, per quanto possa essere faticoso.

In questi mesi siamo diventati tutti un po’ exchange student, incontrando difficoltà alcune più grandi di altre, scoprendo che a volte il sostegno di coloro che amiamo è fondamentale.

Ma alla fine torneremo a popolare le strade con la consapevolezza che questa pandemia ci ha cambiati, ci sta rendendo più forti, insegnandoci a dare il giusto peso alle cose. Così come un exchange student cambia, volando dall’altra parte del mondo.

Laura Toia

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 08 Maggio 2020
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