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Salute mentale tra sanità e giustizia, per il dottor Bianconi il futuro sarà nel “Punto unico regionale”

Giorgio Bianconi, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze di Legnano, ha tracciato la prospettiva verso cui si muove oggi il lavoro dei servizi di salute mentale con a carico pazienti che hanno problemi giudiziari

Salute Mentale

«Il futuro è la creazione di un punto unico regionale fortemente collegato al sistema giudiziario, per garantire percorsi di presa in carico coerenti, tempestivi e realmente integrati tra sanità e giustizia». Con queste parole Giorgio Bianconi, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze di Legnano, ha tracciato la prospettiva verso cui si muove oggi il lavoro dei servizi di salute mentale con a carico pazienti che hanno problemi giudiziari. L’intervento è arrivato nel corso del convegno “Costruire buone pratiche per pazienti autori di reato tra CPS, servizi per le dipendenze e disabilità: focus sulla complessità”, organizzato da ASST Ovest Milanese con il patrocinio del Comune di Legnano. «Un percorso in linea con la legge 180 approvata il 13 maggio 1978, è una delle norme più importanti della storia della sanità italiana. Conosciuta anche come Legge Basaglia, dal nome dello psichiatra Franco Basaglia, ha segnato la fine dei manicomi e l’avvio di una nuova concezione della salute mentale, basata sulla centralità della persona e sull’assistenza nel territorio».

Proprio così, la famosa Legge 180 rappresenta ancora oggi la base normativa e culturale del sistema di salute mentale pubblico, a cui si ispirano anche i percorsi di presa in carico dei pazienti autori di reato. «È un modello che considero indiscutibilmente positivo – ha sottolineato Bianconi – perché segna il passaggio definitivo della gestione dei pazienti psichiatrici autori di reato dalla giustizia alla sanità». Nel 2016 grazie anche al supporto della Regione, è stato possibile costruire dipartimenti specifici tra cui quello attivo nell’Asst Ovest Milanese. E come ha precisato Bianconi, organizzare «reti territoriali, creando équipe forensi specializzate e gruppi di lavoro interni dedicati agli autori di reato». Le misure, ha spiegato, «riguardano sia chi si trova in misura di sicurezza detentiva, come nelle carceri o nelle REMS, sia chi è inserito in comunità terapeutiche in misura non detentiva». Al centro di questo nuovo approccio c’è la continuità della presa in carico. «Il principio è che i pazienti psichiatrici devono sempre essere seguiti dai dipartimenti di cura, senza perdersi tra le strutture o restare da soli – ha spiegato Bianconi –. Dal 2016 abbiamo seguito alcune centinaia di pazienti, molti dei quali hanno completato il loro percorso. È stato fondamentale entrare in rapporto diretto con la magistratura, con i servizi del territorio e con le famiglie». Di certo questo è un lavoro che, per il direttore, deve coinvolgere tutta la rete locale: «Il territorio va costantemente sensibilizzato, perché la collaborazione è la chiave per costruire percorsi efficaci e sostenibili».

Il punto unico

L’obiettivo futuro, ha precisato il direttore, è quello di mettere in rete tutte le strutture coinvolte: dai Dipartimenti di Salute Mentale alle REMS, fino ai magistrati di sorveglianza e ai servizi sociali. L’intento è evitare frammentazioni e garantire percorsi di cura coerenti e tempestivi. «In questo modo – ha precisato Bianconi– ogni paziente potrà essere preso in carico fin dal momento della misura giudiziaria e accompagnato lungo tutto il suo percorso terapeutico, senza discontinuità. Ciò significherà anche riuscire a prevenire ricadute e favorire il reinserimento sociale delle persone». Un modello, quindi, che punta a superare le differenze territoriali e a rendere più efficace il lavoro delle équipe forensi, oggi spesso chiamate a gestire situazioni complesse con risorse e protocolli diversi da un’area all’altra.

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Pubblicato il 24 Ottobre 2025
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