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Amcli, Clerici: «Microbiologi “pietra angolare” della sorveglianza, ma restano senza riconoscimenti»

Il microbiologo legnanese Clerici è tornato a puntare il dito contro le istituzioni che non coinvolgono i microbiologi ai tavoli decisionali: «Non vorremmo mai arrivare ad incrociare le braccia ed affermare: no money, no data»

laboratorio

«I microbiologi sono tutt’oggi esclusi dai tavoli decisionali che gli riguardano. È un grande errore per la sanità. Non vorremmo mai arrivare ad incrociare le braccia ed affermare: no money, no data». Ad affermarlo con forza in questi giorni è il microbiologo legnanese Pierangelo Clerici presidente associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli) tornato a puntare il dito contro le istituzioni che non coinvolgono i microbiologi. «I laboratori sono alla base delle strategie di prevenzione e di intervento nei confronti delle malattie infettive esistono i sistemi di sorveglianza della diffusione dei microrganismi responsabili di tali patologie. Rappresentando la “pietra angolare” del sistema con la rilevazione dei dati forse qualche riconoscimento di natura gestionale e di risorse andrebbe preso in considerazione e non in un maniere comune ma con fondi destinati ad hoc». Il microbiologo ha sottolineato che alla sorveglianza alla base della rilevazione dei microrganismi ed è effettuata dai laboratori di microbiologia e virologia e spesso questo dato è dimenticato. «Quando si parla di diffusione di virus (l’abbiamo visto in occasione del SARS-CoV2, del Monkey pox, dell’RSV, dell’HIV, del Papillomavirus) e di batteri (Streptococco A, Batteri multiresistenti, agenti etiologici della Tubercolosi. delle Malattie a Trasmissione sessuale e tanti altri) si parla di dati forniti dalla ricerca, rilevazione e tipizzazione dei microrganismi da parte dei microbiologi».

Non esisterebbero analisi senza laboratori? «Già proprio così. Siamo abituati a leggere tabelle e percentuali che ci dicono quanto è diffuso il tale virus o il talaltra battere ma nessun Ente a ciò preposto, che sia Nazionale come il Ministero della Salute o l’istituto Superiore di Sanità (1SS,) o Internazionale come I’European Center for Disease Control (ECDC) o l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (WHO) potrebbero produrre report se non ricevessero dati dagli unici titolati a rilevarli attraverso le indagini di competenza ovvero i laboratori di microbiologia e virologia». Se i microbiologi smettessero di lavorare? «Se ad un certo punto i laboratori non fornissero più i dati dei microrganismi rinvenuti, automaticamente non si conoscerebbe più la diffusione di virus e batteri patogeni che possono compromettere la vita di ciascuno di noi. Non ci sarebbero elementi per intervenire in misura adeguata sia sul fronte della prevenzione primaria e secondaria sia su quello delle terapie antiinfettiva. Nessun microbiologo lancerebbe una simile minaccia, chiediamo solo di essere riconosciuti».

Qual è il riconoscimento che chiedete? «Ad esempio, per la realizzazione del Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico Resistenza (PNCAR) sono stati stanziati 40millioni di euro all’anno per tre anni ma senza una definizione puntuale di come saranno distribuiti questi soldi – spiega Clerici -. Sarebbe cosa buona e giusta che al tavolo dove si discutono e si discuteranno, le attribuzioni dei fondi i microbiologi siano rappresentati e possano decidere insieme agli altri attori del Piano un’equa distribuzione al fine di poter implementare le tecnologie oggi a disposizione di rilevazione dei microrganismi ed eventualmente anche l’incremento di risorse umane (microbiologi) più che mal necessarie in un mondo dove le epidemie -pandemie rappresentano una triste realtà. Non vorremmo parafrasare un vecchio slogan ma la sintesi “no money, o dota” potrebbe essere efficace».

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 26 Aprile 2023
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