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Estate al Parco Robinson

di Elda Caspani

Il racconto della domenica

Fino a Samarcanda io ti guiderò, non ti fermare, vola ti prego – Corri come il vento che mi salverò – Oh oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh” (Roberto Vecchioni, 1977)

Estate, la scuola era appena terminata.
Il giorno tanto atteso era arrivato e Paolo e Luca si avviarono felici al Parco Robinson allestito in una scuola di periferia, piccola ma con un grande prato che girava intorno.
Dal bus i ragazzi videro tutto quel verde e furono certi che si sarebbero divertiti a correre e fare tante cose, un’estate magica.
Erano un centinaio di bambini e dopo l’alzabandiera, ascoltarono il programma delle prossime settimane: la formazione dei gruppi, la costruzione del tendone comune dove tenere riunioni e i pasti poi ogni gruppo avrebbe dovuto erigere la sua tenda, fissare i cavicchi nel terreno, tenerle pulite; il programma dei giochi, le gare, costruire i “cavalli” con un bastone e la faccia di cartone, le sciabole, gli scudi dipinti di grigio, i costumi con la carta crespa per gli spettacoli settimanali e per quello finale in presenza dei parenti. Il regno di Samarcanda. Tante cose belle da fare, imparare nuove canzoni che accendevano d’entusiasmo il cuore di tutti.
Finita la riunione cominciarono a lavorare.
Le maestre erano aiutate da volontari che eseguivano le operazioni più difficili.
I bambini la sera tornavano a casa con i volti accesi dalla gioia, discutevano eccitati gli avvenimenti del giorno, erano felici, sentivanodi diventare grandi, indipendenti, badavano a loro stessi. Dei due fratelli Luca, il più piccolo, aveva una malformazione a un piede, più avanti negli anni avrebbe dovuto subire un intervento o forse più di uno, ma per il momento arrancava dietro al maggiore e si infastidiva a dare spiegazioni a chi gli chiedeva cosa avesse. I compagni non notavano più il suo strano modo di camminare, ma c’era sempre qualcuno, più maligno, che non si lasciava scappare l’occasione per deriderlo, anche solo per punirlo perché era bravo in ogni cosa che faceva, suonava la chitarra, cantava bene, era bravo a scuola ed era bello.
Mamma e papà gli lasciavano fare tutte le cose che faceva il fratello, e lui si sforzava di imitarlo, non si arrendeva quasi mai, ma era consapevole dei suoi limiti e rideva di sé quando non riusciva a fare qualcosa.
Dopo settimane di tempo splendido piovve, e il giorno dello spettacolo finale il prato era imbevuto d’acqua. Dopo i canti vari e la recita, c’era la battaglia di Samarcanda contro i persiani. Un massacro di cavalli e spade di cartone rovinati a terra, soldati che scivolavano sull’erba bagnata, risate e scherzi.
Luca non c’era fra i combattenti. Non avrebbe potuto farcela con la sua gamba, non con il terreno scivoloso. Alla fine, si vide un soldato a cavallo della bicicletta scendere spavaldo l’altura in fondo al prato e cantare a squarciagola “Corri come il vento che mi salverò – Oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh”. Un applauso lo accolse, e lui, senza paura, andò felice incontro al sole che faceva capolino dalle nuvole.

Racconto di Elda Caspani (www.ilcavedio.org), fotografia di Giorgio Carro

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Pubblicato il 10 Luglio 2022
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