Omicidio Ravasio, l’agente di Polizia Locale indagato per favoreggiamento e la figlia della “mantide” non parlano in aula
Al centro dell'udienza di lunedì 9 giugno la ricostruzione degli spostamenti e delle telefonate tra gli imputati, la pratica per il cambio di residenza e il ruolo dell'operatore della Polizia Locale di Parabiago oggi indagato per favoreggiamento

Hanno scelto di non parlare davanti alla Corte d’Assise di Busto Arsizio l’agente della Polizia Locale di Parabiago indagato per favoreggiamento e la figlia di Adilma Pereira Carneiro – a sua volta indagata per false informazioni al pubblico ministero -, chiamati a testimoniare lunedì 9 giugno nel processo per l’omicidio di Fabio Ravasio, ucciso dieci mesi fa in un agguato orchestrato in modo da far credere che l’uomo fosse stato investito da un pirata della strada poi datosi alla fuga lungo la provinciale tra Busto Garolfo e Parabiago.
In un’udienza aperta da una minuziosa ricostruzione degli spostamenti degli imputati, della rete di telefonate subito prima e subito dopo l’incidente tra chi oggi è chiamato a rispondere dell’omicidio del 53enne e delle immagini riprese – e in qualche caso anche di quelle non riprese – dalle telecamere e dai varchi per la lettura delle targhe, al banco dei testi oltre ai Carabinieri che si sono occupati dell’indagine hanno sfilato anche un ex ufficiale della Polizia Locale di Parabiago, l’ex responsabile pro tempore dell’Anagrafe della città della calzatura e un’altra addetta all’ufficio.
Che hanno ricostruito, incalzati dalle domande del pubblico ministero Ciro Caramore e dei legali degli imputati, i passi mossi dell’operatore del Comando di Polizia Locale oggi indagato per favoreggiamento. A partire dalle chiamate e dai messaggi all’ex collega del 10 agosto, quando ancora si pensava che ad uccidere Fabio Ravasio fosse stato un pirata della strada, fino a quelli dei giorni immediatamente precedenti agli arresti: chiamate in cui l’uomo, che la mattina del 10 agosto è stato a casa di Adilma Pereira Carneiro, ha chiesto informazioni sull’incidente, ha lamentato il mancato coinvolgimento della Polizia Locale nelle indagini e soprattutto si è informato rispetto alla ricerca della Opel Corsa usata per investire il 53enne, con un interesse che non aveva «mai dimostrato per altri sinistri».
L’operatore della Polizia Locale di Parabiago, secondo quanto riferito dalla ex responsabile pro tempore dell’Anagrafe davanti alla Corte d’Assise preceduta da Giuseppe Fazio, si era interessato anche della pratica presentata per il cambio di residenza della “mantide” e dei suoi due figli più piccoli: pratica per cui, peraltro, nei mesi precedenti all’omicidio l’agente aveva anche accompagnato la 49enne allo sportello comunale, come però in passato era capitato anche con altri cittadini.
Proprio la richiesta di cambio di residenza è finita ancora una volta al vaglio dalla Corte bustocca. Di quella pratica, infatti, pochi giorni dopo la morte di Ravasio, i genitori della vittima avevano chiesto l’annullamento, ribadendo che i due minori non erano figli del 53enne. Da lì le verifiche sui passaporti, sui codici fiscali – poi risultati contraffatti – dei bambini e sugli atti di nascita, dai quali sono emerse «anomalie evidenti» poi confermate dagli originali conservati in Comune a Monza, dove i bambini alla nascita erano stati infatti registrati con il cognome Trifone. Anomalie che però non sono sfociate in quella fase in una notizia di reato: nonostante la responsabile pro tempore ne avesse parlato con il proprio dirigente, infatti, il passo successivo allora non è stato fatto.
La funzionaria che oggi ha deposto in aula, peraltro, non ha nascosto il sentore che la “mantide” fosse già a conoscenza della richiesta di annullamento della pratica presentata dai genitori di Ravasio: la donna infatti, un paio di giorni dopo il loro passaggio in municipio, si è a sua volta presentata in comune chiedendo di parlare con un funzionario, cercando di «dimostrare il suo legame» con il 53enne, mostrandosi «addolorata» e accusando i genitori della vittima di «non averla mai accettata» e di «avercela con lei».
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.