Omicidio di Fabio Ravasio, parla l’uomo interpellato per trovare un killer: “Compenso di diecimila euro”
L'uomo dal banco dei testi ha raccontato di essere stato interpellato in estate dall'ex amante di Adilma Pereira Carneiro, quando ormai da mesi aveva smesso di frequentarne il bar

Diecimila euro. È questo il “prezzo” che Adilam Pereira Carneiro e i suoi complici erano disposti a pagare per l’omicidio di Fabio Ravasio, ucciso lo scorso 9 agosto in un agguato orchestrato in modo da far credere che l’uomo fosse stato investito da un pirata della strada poi datosi alla fuga lungo la provinciale tra Busto Garolfo e Parabiago. L’ennesimo particolare agghiacciante del delitto costato la vita al 52enne è stato raccontato lunedì 5 maggio davanti alla Corte d’Assise di Busto Arsizio da un ex frequentatore assiduo del bar di Massimo Ferretti, amante della “mantide” al momento dell’omicidio.
L’uomo, ex responsabile della curva rossonera e per oltre dieci anni cliente fisso del locale di Ferretti, dal banco dei testi ha raccontato di essere stato interpellato in estate dall’ex amante di Adilma Pereira Carneiro, quando ormai da mesi aveva smesso di frequentare il bar. «Ferretti mi disse di essere nei guai e mi chiese se nel mondo degli ultras potevo trovare qualcuno per il delitto o se potessi occuparmene io – ha spiegato alla Corte presieduta da Giuseppe Fazio -. Mi disse di agire per conto di Adilma e che ci sarebbe stato un compenso di 10mila euro: Ravasio avrebbe dovuto essere investito con l’auto. Mi contattò molte volte, alla fine accettai di incontrarlo sotto casa mia: quando mi spiegò cosa volesse, gli dissi di sparire, di allontanarsi da quella gente e di mandare Adilma aff…lo. Solo guardandolo si vedeva che non era più lui, era molto cambiato: lui non mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere».
La relazione con Adilma, secondo quanto riferito dall’uomo in aula, sarebbe costata a Ferretti anche la frequentazione del suo bar da parte di un gruppo di tifosi del Milan che ormai da anni ne aveva fatto il proprio “quartier generale”, dopo una lite tra il testimone e la figlia della “mantide” che per un periodo aveva lavorato nel locale, finita quasi alle mani con il fratello Igor Benedito, oggi imputato nel processo per l’omicidio di Ravasio. «Da allora non sono più entrato nel bar – ha spiegato l’uomo -: Ferretti ha preferito Adilma e i suoi al gruppo di milanisti che frequentava il bar tutti i giorni: ormai al bar era una nullità».
La Corte d’Assise durante l’udienza di lunedì 5 maggio – segnata da qualche momento di tensione tra Adilma Pereira Carneiro e la madre della vittima – ha ascoltato anche diversi militari della Stazione dei Carabinieri di Parabiago e del Nucleo Operativo Radiomobile della Compagnia di Legnano che si sono occupati delle indagini, chiamati a ripercorrere quelle prime fasi dell’inchiesta, dai primi dubbi innescati dai filmati delle telecamere lungo il percorso al cerchio che di intercettazione in intercettazione si è stretto sempre di più intorno alla “mantide” e ai suoi complici. In aula anche il socio di Fabio Ravasio, che con lui gestiva un’attività a Magenta, l’ex dipendente del Comune di Parabiago che si è occupato insieme ad altri colleghi della pratica per il cambio di residenza di Adilma Pereira Carneiro e dei suoi due figli più piccoli, l’ex compagno di cella di Marcello Trifone – che aveva scoperchiato il vaso di Pandora sulle lettere inviate dalla “mantide” al marito Marcello Trifone in carcere, dalle cui parole la Corte ha ascoltato come all’uomo fosse stata promessa «una fossa» se si fosse sottratto al delitto – e la psichiatra chiamata a valutarne la capacità di intendere e di volere.
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