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Prende il covid durante la riabilitazione da un ictus e muore, le figlie:”Qualcuno ha sbagliato”

Le sorelle Amanda e Sabrina Ferrario hanno presentato un esposto contro l'ospedale di Abbiategrasso per la poca attenzione alle norme anti-contagio: "Oltre a nostra madre si sono ammalati altri cinque pazienti"

foto ricovero oscurata

Lo scorso 12 aprile la mamma di Amanda e Sabrina Ferrario, 75 anni, è deceduta all’ospedale di Magenta a causa di una polmonite batterica innestata su un’infezione da Covid 19. Amedea Astorri stava seguendo una riabilitazione dopo che l’11 marzo era stata colpita da ictus e ricoverata all’ospedale di Legnano. Ora i familiari vogliono vederci chiaro e vogliono capire come sia potuto accadere che Amedea, negativa al Covid dopo l’uscita dall’ospedale di Legnano, si sia potuta ammalare durante la terapia di riabilitazione all’ospedale di Abbiategrasso (foto di repertorio di un reparto Covid a Cuasso al Monte, credit Maurizio Borserini).

Per questo hanno presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio (di cui vi riportiamo alcuni estratti) perchè si indaghi su eventuali negligenze: «Non lo facciamo per soldi ma perchè non succeda ad altri quello che è capitato a nostra madre» – ha precisato Amanda Ferrario, candidata sindaco di Busto Arsizio e funzionaria del Ministero dell’Istruzione.

L’ictus e il ricovero a Legnano

Nel momento del ricovero, avvenuto il giorno 11 marzo, le veniva fatto un tampone per rilevare eventuale positività al Covid, e l’esito era stato negativo. La degenza nel reparto di stroke unit presso il presidio ospedaliero di Legnano è durata 11 giorni durante i quali le condizioni di salute della paziente risultavano stabili e la causa dell’ictus veniva indagata anche attraverso l’installazione di un loop recorder la mattina del giorno 22 marzo 2021.

«Nostra madre, tuttavia, migliorava sensibilmente le sue condizioni di salute e veniva considerata idonea al ricovero in una struttura di riabilitazione. A colloquio con i medici del reparto di stroke unit ci veniva spiegato che non potevamo scegliere la destinazione del ricovero per la riabilitazione e ci veniva comunicato che, a seguito di tampone per la rilevazione del covid con esito negativo, sarebbe stata trasferita nel reparto di riabilitazione dell’azienda ospedaliera di Abbiategrasso». E qui inizia il calvario della donna.

L’ospedale di Abbiategrasso e le norme anti-contagio

Qui trovano subito una situazione anomala: il giorno del ricovero si sono recate al secondo piano del padiglione
verde dove si trova il reparto di riabilitazione. Le porte del reparto erano aperte e il varco libero e aperto. Dentro il reparto, davanti all’ufficio della coordinatrice di fisiatria hanno visto una degente del reparto aggirarsi per il corridoio, senza mascherina e incontrare il marito e il figlio anch’essi senza indossare correttamente la mascherina, ma tenendola sotto il mento lasciando scoperti bocca e naso, il tutto sotto gli occhi degli operatori del reparto».

Amanda Ferrario racconta di una madre serena e determinata nel percorso di recupero che aveva chiesto di farle avere un profumo, la settimana enigmistica e qualche caramella: «Fin dal giorno seguente il suo ricovero a Legnano e durante tutta la permanenza ad Abbiategrasso, nostra madre era perfettamente in grado di ricevere ed effettuare chiamate e videochiamate. Noi la sentivamo entrambe svariate volte al giorno, ma anche le sue amiche, qualche altro parente e conoscente l’ha chiamata e ha ricevuto da lei chiamate in più di un’occasione». Inizia il percorso di riabilitazione presso il reparto di Abbiategrasso. Viene portata in palestra e le viene preparato un percorso riabilitativo.

Il primo malessere della donna

Tuttavia la signora, probabilmente a seguito o a causa dell’ictus, manifesta subito qualche mancamento a causa del quale – in attesa di avere i dati registrati dal loop recorder – le viene prescritta una mobilità più dolce, a letto e su sedia a rotelle. I parenti vengono informati ma il giorno successivo la madre informa le figlie del fatto che il figlio della vicina si è ammalato di Covid e che le avrebbero fatto un tampone, un’accortezza che la dottoressa che segue la madre ha addirittura definito un “eccesso di zelo”.

«A noi, invece, già dal giorno precedente, 24 marzo 2021, nostra madre sembrava stanca, esausta e ci diceva spesso che era spossata al punto da aver bisogno di dormire. Lo avevamo fatto presente alla dottoressa che ci rassicurava dicendo che – a seguito di un ictus – questo stato di stanchezza poteva essere normale e ci informava che, a seguito di una infezione alle vie urinarie probabilmente dovuta all’uso del catetere, avrebbero dovuto iniziare una cura antibiotica» – raccontano.

Il tampone positivo

Il 26 marzo 2021, intorno alle ore 19,00 le sorelle Ferrario ricevono la telefonata da parte della dottoressa che comunica l’esito positivo del tampone ma ci rassicura sulla leggerezza dei sintomi. Tuttavia la donna, a seguito di tampone positivo, deve essere trasferita, sempre ad Abbiategrasso, nel reparto covid al terzo piano cosa che avviene sabato 27 marzo.

Non avendo notizie relativamente alla madre e avendola vista in videochiamata con l’ossigeno, il giorno 27 marzo le due figlie si recano all’ospedale di Abbiategrasso e chiedono di parlare con un medico. Il medico di guardia le informa che la madre presenta sintomi da covid, che non ha febbre, che ha ossigeno a due litri e che, per qualsiasi informazione, avrebbero dovuto aspettare lunedì 29 marzo 2021 e parlare con il medico del reparto.

Durante il fine settimana parlano in videochiamata con la madre. La vedono più giù di tono, particolarmente apatica, stanchissima. Sono naturalmente preoccupate circa il suo stato di salute ma non c’è nessuno con cui parlare. Lunedì 29 marzo riescono a parlare con uno dei medici che avevano visto nei giorni scorsi e apprendono dalle sue parole «della difficoltà, da parte del personale sanitario, a far rispettare le regole nei reparti».

I dubbi e le prime omissioni ad Abbiategrasso

«Al dottore avevamo chiesto come fosse stato possibile che nostra madre, allettata e dipendente da loro per la mobilitazione, avesse contratto il covid – raccontano – e il dottore ci ha risposto che la paziente che girava senza mascherina nei giorni scorsi non era “coercibile” e che probabilmente nostra madre aveva preso il virus durante la riabilitazione. Alla nostra obiezione “ma allora ci sta dicendo che non pulivate la palestra e gli attrezzi?” il dottore ha risposto che questo era escluso, ma che non riusciva a far rispettare nel reparto l’uso delle mascherine e non riusciva ad impedire l’ingresso. Ci informava inoltre di 6 casi tra i pazienti del reparto tra cui la stessa compagna di stanza di nostra madre, trasferita a Magenta».

Nell’esposto le sorelle Ferrario rilevano che le porte del reparto erano aperte anche quel pomeriggi che hanno fatto notare al dottore l’assurdità della situazione. Quando hanno chiesto di avere il nome del direttore sanitario o del direttore generale sia il medico che con cui avevano parlato che l’addetto alla guardiola si sono rifiutati di fornirlo: «Abbiamo dovuto chiamare il 112 per ottenere quei nomi».

Il trasferimento a Magenta

La ricostruzione delle due sorelle è meticolosa. Nei giorni successivi i medici tentano ancora di andare avanti con la riabilitazione ma la donna era sempre debole e lamentava dolori. Esclusi problemi causati dall’ictus le vengono fatti altri accertamenti diagnostici ma non emergono criticità particolari. Il 3 aprile viene comunicato ai parenti del trasferimento dall’ospedale di Abbiategrasso a quello di Magenta per fare le indagini neurologiche. La dottoressa che la ha in cura tranquillizza le figlie sostenendo che la loro madre stesse bene. «Aggiungeva che avrebbe fatto subito l’elettroencefalogramma e che un medico del reparto di Magenta ci avrebbe chiamati in giornata per maggiori informazioni».

Poche ore dopo – sempre secondo l’esposto delle sorelle – vengono chiamate dal medico del reparto covid di Magenta: «Ci ha detto che le condizioni di nostra madre erano gravissime. Alla domanda stupita “ma sta parlando della signora Amedea che è venuta a Magenta per indagini neurologiche?” il dottore replicava che nostra madre non aveva niente da un punto di vista neurologico, che era gravissima per il COVID, soporosa e non lucida e che le avevano messo un casco con ossigeno al 60%». Il medico aveva poi aggiunto che, essendo sabato e avendo 28 pazienti da accudire, le avrebbe chiamate solo se le condizioni di salute fossero precipitate altrimenti avremmo avuto notizie il lunedì.

Il rapido peggioramento e il decesso

Le prime notizie ufficiali da parte del reparto covid dell’ospedale di Magenta arrivano lunedì 5 aprile pomeriggio dal broncopneumologo del reparto che, con garbo ed educazione, ha spiegato la situazione e le informava che, su una infezione virale da COVID, si era innestata una polmonite batterica, che la situazione risultava aggravata da un’infezione diffusa e che era molto grave.

Le due sorelle si sono chieste perchè il 3 aprile la dottoressa dell’ospedale di Abbiategrasso aveva dichiarato che le condizioni di salute della madre fossero buone mentre poche ore dopo era stato detto loro l’esatto contrario e hanno provato ad incontrarla ma questa prima si sarebbe negata in ogni modo e poi, dopo una certa insistenza da parte delle loro, si è presentata «scusandosi e ammettendo di non aver detto la verità circa le condizioni di salute di nostra madre, confermando che nostra madre era molto grave e che le sue condizioni di salute erano labili».

Pochi giorni dopo si è verificata la peggiore delle ipotesi. La madre di Amanda e Sabrina Ferrario è deceduta il 12 aprile in un letto d’ospedale: «In sintesi nostra madre è entrata sana in una struttura di riabilitazione, con tampone negativo e, per cause che vogliamo appurare, ne è uscita morta in data 12 aprile 2021».

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it
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Pubblicato il 23 Aprile 2021
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