Un paio di guanti per prendere le distanze dal resto del mondo, come quelli che portava Tony Curtis in "Attenti a quei due", la cicatrice dolorosa della morte della moglie da elaborare e tante porte "scardinate" lungo la via per non rivivere il trauma della chiusura della bara della compagna di una vita: è Enrico Mancini, il profiler romano che ha studiato a Quantico, protagonista della trilogia di gialli di Mirko Zilahy che ieri, lunedì 5 giugno, al Castello Visconteo ha inaugurato l'edizione estiva di "Scrittori in mostra" con "La forma del buio".

Si è ritrovato "scrittore per caso" Mirko Zilahy, che ha deciso di lanciarsi in questa nuova avventura un po' per scommessa e un po' per necessità quando stava per perdere il lavoro, ma di certo non scrive per caso. «Scrittore di parola» più che di immagini, sono due i fili conduttori della sua trilogia di romanzi thriller-noir-di formazione. Lo sfondo di una Roma dalla doppia anima, tra archeologia industriale, storia e parchi ma sempre a tinte "insanguinate", perchè dietro ogni opera d'arte della Capitale spesso c'è proprio la memoria del sangue versato. E i personaggi in continua evoluzione, che incarnano tutte «le sfumature di grigio» tra il bianco e il nero del bene e del male, con il risultato che non si riesce mai a condannare del tutto i "cattivi" ma nemmeno ad assolvere con formula piena i "buoni".

Su questi due punti fermi Zilahy intreccia le sue trame tra arte, mitologia e psicologia, dando voce ai tanti "io" dei personaggi, alla loro personale «forma del buio» ed ai loro "mostri". Su questi due punti fermi ieri sera Zilahy ha intrecciato l'attenzione dei "coraggiosi" che hanno sfidato la pioggia di una sera di fine primavera per inaugurare la stagione estiva di una rassegna che ormai è un marchio di fabbrica.