Agente di polizia penitenziaria aggredito da due detenuti e poi sequestrato e rinchiuso in una cella nel carcere di Bollate.
«È un episodio molto grave quello denunciato dai sindacati verificatosi ieri sera all'interno del carcere di Bollate - commenta Riccardo De Corato, assessore alla sicurezza, immigrazione e Polizia Locale di Regione Lombardia -. L'ennesima dimostrazione di quali siano le condizioni emergenziali nelle quali sono costretti a lavorare ogni giorno gli agenti negli istituti di pena italiani. Esprimo vicinanza all'agente minacciato e sequestrato ed a tutti i suoi colleghi che nel tempo hanno assolto un compito gravoso, a causa del sovraffollamento delle carceri, con una popolazione carceraria sempre più multietnica e spesso violenta, e con le strutture carenti di personale.La problematica della sicurezza non riguarda solo Bollate, ma tutte le carceri, come dimostrato dai continui episodi di violenza verificatisi a Milano, da San Vittore all'istituto di pena minorile Beccaria».
«Da un questionario legato allo stress da lavoro correlato compilato da 600 agenti che prestano servizio all'interno delle carceri italiane - ha aggiunto De Corato -, è emerso che il 35,45% degli agenti della Polizia penitenziaria si trova in una condizione di elevato rischio "suicidio" per la presenza di un forte stato depressivo,ansia, alterazione della capacità sociale e forti sintomi somatici. Solo nel 2017 sono stati 6 gli uomini della polizia penitenziaria che si sono tolti la vita in servizio, prima di recarsi sul luogo di lavoro o appena terminato il turno. Sempre sei sono stati nel 2016 e sei nel 2015».
«Come se tutto ciò non bastasse - ha concluso l'assessore - va considerato anche l'aspetto economico. Un detenuto che lavora in carcere potrebbe guadagnare circa 1000 euro al mese; un agente che rischia quotidianamente la propria vita, ha uno stipendio base di circa 1200 euro al mese. Insomma la situazione è grave. Se si dedicasse la metà del tempo che si dedica ad assemblee e conferenze sui diritti dei detenuti a parlare dei diritti della Polizia Penitenziaria, saremmo già a metà dell'opera».