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La resistenza all’antibiotico minaccia la salute

Secondo il dr. Clerici, primario dell'Ospedale di Legnano, la figura del microbiologo clinico gioca un ruolo centrale nel contrastare il fenomeno...

(g. somazzi) – Sono i microbiologi la chiave di volta nella battaglia contro l'Antibiotico-resistenza, l'insidiosa minaccia della salute pubblica, pronta a riportare le infezioni comuni e malattie minori a essere letali. A sostenerlo è il dr. Pierangelo Clerici (nella foto) primario del reparto di Microbiologia dell'Ospedale di Legnano, nonchè presidente di Amcli – associazione Microbiologi clinici italiani.

Infatti, il primario legnanese, in occasione della settima "Giornata europea degli antibiotici", svoltasi lo scorso martedì 17 novembre, ha voluto lanciare un messaggio: «Questa progressiva riduzione dell’efficacia di molti antibiotici in commercio si deve sostanzialmente a fenomeni sempre più complessi di comorbilità (presenza di più patologie nel paziente, n.d.r.) e, non da meno, dalla continua evoluzione di molti batteri, il cui dna e le potenzialità infettive per la salute umana continuano a mutare».

Il dr. Clerici ha poi aggiunto: «In questo scenario, la figura del Microbiologo Clinico gioca un ruolo centrale, contribuendo alla diagnosi precoce ed accurata delle infezioni batteriche, alla sorveglianza epidemiologica delle antibiotico-resistenze, alla implementazione dei programmi di antibiotici stewardship, al monitoraggio dei risultati delle pratiche di infection control e alla valutazione dell’attività dei nuovi antibiotici in fase di sviluppo pre-clinico e clinico».

Gli antibiotici sono tra le scoperte che hanno rivoluzionato la medicina moderna, permettendo di curare infezioni batteriche altrimenti mortali e rendendo possibili procedure chirurgiche complesse, trapianti di organo, impianti di protesi e terapie immunosoppressive particolarmente aggressive. Tuttavia, l’introduzione nella pratica clinica di nuove molecole antibiotiche è stata sempre puntualmente seguita dalla comparsa di nuovi meccanismi di resistenza che li rendono inefficaci.

Anche a causa del rallentamento nella ricerca di nuovi antibiotici, verificatosi negli ultimi anni, oggi non è raro isolare ceppi batterici resistenti a quasi tutti, se non tutti, gli antibiotici che abbiamo a disposizione, che causano infezioni molto difficili da trattare, si pensi alla Klebsiella Carbapenemasi produttrice o ai microrganismi resistenti ai B-lattamici.

Tutto questo comporta un incremento dei costi delle terapie (la spesa per antibiotici in Italia è di circa 1 miliardo di euro a fronte di una spesa farmaceutica complessiva di 26 mld di euro), un aumento nella durata della malattia e dell’ospedalizzazione e, nei casi più gravi, un aumento della mortalità correlata alle infezioni. Secondo, poi, alcune stime la fase di sperimentazione e la conseguente autorizzazione alla messa in circolazione di un nuovo antibiotico, costa circa 1 miliardo di euro ed impegna oltre 10 anni di lavoro.

Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel rapporto globale sulla resistenza agli antibiotici recentemente pubblicato, ha definito il fenomeno come una crescente minaccia per la salute pubblica mondiale e, nell’introduzione al documento, afferma che «un’era post-antibiotica in cui anche infezioni comuni possono essere mortali, lungi dall’essere una fantasia apocalittica, è una possibilità molto concreta per il 21° secolo».

Occorre pertanto agire su un duplice binario: da un lato proseguire nella ricerca e nello studio delle nuove forme batteriche che si manifestano con crescente frequenza e, dall’altro, ottimizzare la collaborazione tra le diverse figure professionali che nell’Unità ospedaliera possono concorrere alla migliore diagnosi dell’infezione e disegnare la strategia antibiotica effettivamente più efficace.

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 20 Novembre 2014
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