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“La Sclerodermia è anche nostra”, una campagna per promuovere un percorso di cura uniforme nel Paese

Antonino Mazzone, direttore Dipartimento Area medica, Asst Ovest Milanese rilancia l'idea per cui tutte le terapie per patologie croniche dovrebbero uscire dall'ospedale, che deve restare per curare gli acuti

paola faggioli

“La Sclerodermia è anche nostra” è la campagna promossa da LISS, Lega Italiana Sclerosi Sistemica, GILS, Gruppo Italiano per la Lotta alla Sclerodermia e AMRER, Associazione Malati Reumatici Emilia-Romagna con il contributo non condizionato di Italfarmaco, volta ad accendere i riflettori sulla Sclerosi Sistemica, una malattia rara autoimmune del tessuto connettivo che in Italia colpisce circa 30.000persone.  Tutte le informazioni e sono disponibili sul sito www.sclerodermia.info. (Nella foto, la dottoressa Paola Faggioli, nuova guida della Reumatologia dell’Asst Ovest Milanese)

«Sono stati fatti grandi passi avanti, tuttavia, il percorso diagnostico terapeutico presenta ancora grandi disparità sul territorio. La terapia negli ultimi anni è cambiata — afferma al Corriere delle Sera Antonino Mazzone, direttore Dipartimento Area medica, Asst Ovest Milanese —. I progressi permettono oggi di utilizzare un dispositivo indossabile e un sensore per controllare i parametri a distanza, e dunque il paziente può muoversi. E dove i requisiti lo consentono, una presa in carico domiciliare, ma non è disponibile in tutte le Regioni. Questo «nuovo» percorso terapeutico comporta una gestione più confortevole e che si adatta alle esigenze dei pazienti, un vero modello di integrazione tra l’ospedale e il territorio favorito dalla tecnologia, che apre una nuova era per la lotta alla sclerodermia».

«Serve dunque una piattaforma nazionale, che deve essere usata da tutticosì sempre Mazzone ad Adnkronos-. Non possiamo permetterci che ogni Regione faccia come vuole. Tutto questo non può sostituire né il rapporto medico-paziente né la visita e il follow-up che questi pazienti devono fare in ospedale, con tutti i test e le procedure necessarie per controllare la malattia. Il futuro che vedo è che tutte le terapie per patologie croniche dovrebbero uscire dall’ospedale, che deve restare per curare gli acuti. E’ un lungo cammino, ma si comincia sempre con un primo passo. Con i posti letto che si sono molto ridotti negli anni e tanti pazienti in carico, spostarne anche 10 a domicilio vuol dire recuperare 10 posti per persone che sono in lista d’attesa per fare le terapie».

Redazione
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Pubblicato il 04 Dicembre 2023
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