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Giornata dell’infermiere: “Ovunque per il bene di tutti”. Pensieri ed emozioni dall’ospedale di Legnano

Giulia, Arianna e Silvia raccontano la loro testimonianza di questo anno di pandemia. Pensieri ed emozioni che esaltano la loro figura professionale nella lotta al virus e in difesa del diritto alla salute di tutti noi

legnano generica

In occasione della Giornata mondiale dell’Infermiere abbiamo avvicinato alcune coordinatrici infermieristiche del nostro ospedale, per una loro testimonianza soprattutto in un periodo delicato come quello dell’attuale pandemia. Infatti, anche il tema scelto quest’anno “Ovunque per il bene di tutti”, richiama l’Infermieristica di prossimità per un sistema salute più efficace e la necessità di tenere alta l’attenzione su un tema tanto importante nella lotta al Coronavirus.

TIZIANA – Quello dell’emergenza sanitaria resta, per Tiziana Sant’Ambrogio, caposala del reparto Infettivologia di Legnano, un’esperienza difficile da raccontare a parole: «Stiamo ancora metabolizzando l’accaduto e ci vorrà tempo. Ad aiutarci in questa elaborazione l’Asst ci ha messo a disposizione uno sportello con una psicologa: un aiuto importante. La stanchezza accumulata si sente: non c’è stato sino ad oggi un momento di recupero. E ciò che ci spaventa è che la pandemia non è ancora finita e non sappiamo quando terminerà». Resta il fatto che la professione da infermiera è «bellissima – ha commentato Sant’Ambrogio -. È una professione ricca a livello umano. Anche se purtroppo in Italia non è economicamente vantaggiosa. Ancora oggi dobbiamo lottare per liberarci dallo stereotipo che vede l’infermiere come appendice del medico. Ci portiamo dietro un retaggio storico che è difficile da cancellare: ognuno però fa la parte per valorizzare questa professione».

LORENA – Anche per Lorena Longoni infermiera del reparto di Infettivologia di Legnano è stato un anno indimenticabile e per tanti aspetti impegnativo e doloroso: «È innegabile che il nostro gruppo si sia saldato ancora di più. Nel primo lockdown tutte noi ci sentivamo bene solo qui nel reparto. Andare a casa ci faceva sentire in difetto: era come se non avessimo fatto abbastanza per fronteggiare l’emergenza: ci sembrava come se potevamo fare di più. Molti di noi hanno “congelato” la loro vita privata».  Per Lorena fare l’infermiera è stato un percorso naturale: «Tutta la mia vita è stata dedicata ad aiutare chi ha bisogno: per questo ho scelto questa professione».

GIULIA – Giulia considera la professione di infermiera «un cappotto con una taglia perfetta che cambia come cambio io. Sono nata infermiera, come mia sorella è nata insegnante. Ho iniziato a 17 anni, in convitto dalle suore a Milano. Tornavo a casa il sabato pomeriggio e ci tornavo la domenica sera. Un percorso che mi ha forgiato per etica, puntualità, correttezza. Direi un marchio che porti addosso in maniera forte, profonda. Non mi vedo proprio impegnata con un altro lavoro». «Adesso – spiega Giulia – considero questo periodo particolare e pesante. Non riesco a pensare al mio essere infermiera e dopo 40 anni che lavoro sembra non vero, spero solo di riuscire a lavorare ancora con amore e metterci ancora la passione e un “soffio” del mio spirito».

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ARIANNA –Lei ha iniziato il suo percorso nel 1989, divenendo coordinatrice nel 2004. Sulla pandemia non ha dubbi: «Nella prima fase c’era entusiasmo nonostante fossimo in prima linea. Nella seconda, ancora entusiasmo ma anche sconforto. Nella terza, solo sconforto. Da eroine siamo diventate oggetto esclusivamente di critiche. Siamo tutti stanchi. Ma una stanchezza non solo fisica, piuttosto di testa. Quando vediamo venir meno il buon senso della gente, perdiamo la fiducia in un prossimo futuro più sereno per tutti». «E’ vero – prosegue Arianna – la situazione è più tranquilla, ma… indispensabile continui richiami alla cura di se stessi. Importanti i vaccini, ma fondamentale continuare con le protezioni personali, mascherine, igienizzazione delle mani, distanziamento. Solo così, tutti insieme potremo uscirne presto e meglio».

SILVIA – «Essere infermiera oggi significa amare la propria professione – così Silvia, 24 anni di presenza all’ospedale di Legnano -. Significa essere sempre in “prima linea” con dedizione, competenza e professionalità. L’infermiere è una figura fondamentale e di riferimento per il paziente in ogni contesto sanitario. Si prende cura della persona. È una professione che ti arricchisce di esperienze, ma anche di tante emozioni, sguardi, ricordi, sacrifici e sofferenze, che il più delle volte lasciano posto alle soddisfazioni. Si è in continua crescita, sia umana che professionale. Anche in questo difficile periodo di pandemia, gli infermieri hanno saputo reinventarsi e rispondere con determinazione e qualità ai molteplici bisogni del paziente». Pensieri ed emozioni che condividiamo in questa giornata in cui la figura dell’infermiere si erge in maniera forte per l’immagine che offre di sè nel difendere il diritto alla salute di tutti noi. Sicuramente eroi ed eroine di questa epoca.

(Foto d’archivio in copertina)

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Pubblicato il 12 Maggio 2021
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