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UN PENSIERO A QUANTO ACCADUTO A COPENHAGEN

21 Dicembre 2009


Riceviamo e pubblichiamo

Sul vertice di Copenhagen cala il sipario. I bilanci che provengono da fonti più autorevoli che non quelle provenienti dalla nostra Associazione lo definiscono un vertice che ha prodotto un accordo al ribasso.La mia reazione è quella della persona alla quale questa definizione lascia un sacco di perplessità.
Mi sono interessato per il tempo che gli impegni di una persona che (fortunatamente) il lavoro lo conserva ancora e la famiglia gli lasciano, ma ammetto di non essere “una cima” e quindi mi riprometto di informarmi per capire “che aria tira”come si dice da queste parti.
La Conferenza non era un evento in sé eccezionale, si trattava infatti del quindicesimo rendez-vous di questo tipo. Ciò che rendeva tangibile l'importanza dell'appuntamento era rilevabile dall'interesse mediatico e della mobilitazione che ha generato.
Le iniziative sono sbocciate numerose, impossibile citarle tutte.
Impossibile anche per una realtà pur limitata all'orticello cittadino come Fare Legnano,sottrarsi al tentativo di commentare questo grande appuntamento.Di sicuro nelle  prossime settimane proveremo a sviluppare gli effetti concreti delle risultanze del vertice nella nostra realtà quotidiana, posto che ve ne siano.
Ma spostiamoci dai grandi della terra e dai loro accordi,le mediazioni,il bilancino che tutti sappiamo strumento abituale per pesare le decisioni nell'ambito del confronto tra stati.Torniamo nel Belpaese,che al COP 15 ha inviato per ovvi motivi, la sola ministro dell'Ambiente, che a mio parere ha dimostrato il ruolo debole dell'Italia in questa partita globale.
In questa valutazione non conto le disavventure capitate alla ministra (che rappresenta la Nazione, ricordiamolo) bloccata fuori dal vertice o all'infelice posizione dell'intervento riservatole.
Da profano cerco di usare il metro di giudizio del buon senso legandolo alle cifre che chiunque può trovare nella rete e nella stampa.
Infatti dal 1990  secondo dati ufficiali (Inventario Nazionale delle Emissioni,periodo tra il 1990 e il 2007 ) il trend dell’Italia nella produzione di emissioni è stato in continua ascesa. Con la crisi e la contrazione industriale correlata, solo dal 2007 diventiamo lievemente meno”inquinatori” .
Due anni or sono dal nostro Paese sprigionava  CO2,per il 9,3% in più rispetto 1990. In generale secondo i dati citati e confrontati con i paesi europei (EU15) negli ultimi venti anni siamo nella media-purtroppo in generale rialzo-solo per emissioni legate ai trasporti.Nelle emissioni dal residenziale e servizi, così come dall'industria e agricoltura (dove tutti riducono le emissioni ma noi in maniera minore) siamo in crescita con una punta differenziale ”abnorme” nella gestione e il trattamento dei rifiuti che segna un incremento del 2,9%,mentre negli altri 14 paesi cala del 39% sempre usando il metro dei circa venti anni che ci separano dal 1990.
Il buon senso mi suggerisce che nella pratica il risultato ottenuto dal nostro Paese va nella direzione opposta a quella che il sottoscritto si aspetta, cioè contribuire meno al riscaldamento globale.Ma se il sottoscritto si sbagliasse?
Se nella mia ignoranza avessi dei dati che interpreto malamente?
E allora lascio da parte i numeri e mi informo in maniera più leggera spulciando qua e là, mentre lo faccio ho la conferma di ciò che pensavo da tempo.
Purtroppo certa politica da una parte loda il ruolo e l'importanza nella difesa dell'ambiente ma a queste dichiarazioni che indurrebbero all'ottimismo contrappone fatti che sono come una nota pubblicità di una banca: diversi.
Nel luglio scorso se ne accorgeva la stessa ministro Prestigiacomo  ammettendo (Corriere della Sera 24 luglio 2009) che molti ostacoli allo sviluppo dei progetti ambientali avvenivano per colpa dei suoi stessi colleghi di Governo,come le competenze riguardanti le autorizzazioni su molti progetti importanti, ad esempio sulle centrali nucleari, sottratte al Ministero dell’Ambiente per essere cedute a commissari nominati dal Governo i quali, per far partire i cantieri, potrebbero bypassare le norme ambientali e le autorizzazioni del dicastero della Prestigiacomo.
I miei dubbi sul ruolo della politica perseguita dai nostri governanti continuano e mi obbligano a ripetermi dandomi sempre più l'impressione di trovarmi di fronte ad un Giano bifronte, da una parte vedo il volto rassicurante dell'impegno, nell'altra, quella che mi è nascosta il ghigno di chi agisce in maniera totalmente differente.Negli stessi giorni del COP 15 per la precisione il 17 dicembre mentre in Danimarca l'Italia si poneva in prima fila nella lotta alle emissioni, a Roma si è riunita la Commissione  del Ministero dell'Ambiente(ogni decisione è stata poi rinviata al 20 gennaio prossimo per ‘problemi procedurali’) per la realizzazione di una immensa centrale a carbone da 1320 megawatt da installare a Saline Joniche.
E sempre nei giorni del vertice si ricomincia a parlare di Ponte sullo Stretto rifinanziato dal governo, simbolo della grande contraddizione di uno “sviluppo”(per il sottoscritto il virgolettato è d'obbligo) che divora risorse ambientali ed economiche.
Sei miliardi di euro l'impegno di spesa ,sottostimato secondo alcuni politici chiaramente“di parte”,dalla Società Stretto di Messina Spa per la realizzazione dell'opera.
Mi duole ricordare che tali risorse vengono impiegate per un progetto di cui sono tutti da dimostrare i vantaggi mentre risultano facilmente  comprensibili le ripercussioni sul piano ambientale.Personalmente sono coinvolto dalle parole del responsabile di legambiente che nel commentare il caso Saline J.si domanda quale può essere la credibilità di un Paese che a Copenaghen recita la parte di chi vuole un impegno globale nella riduzione dei gas serra e nello stesso giorno a Roma prende decisioni che hanno un così devastante impatto sul futuro del clima.
In maniera analoga non riesco a conciliare l'impegno di spesa per opere faraoniche quando si dice di volere tutelare il territorio. Indipendentemente dai risultati del vertice e prima di cercare di comprenderli appieno,impegno con cui mi cimenterò con gli aderenti di Fare Legnano e chi volesse aiutarci, mi piacerebbe anche capire senza tanti giri di parole da ‘che parte tira’ il mio Paese.


Massimiliano Materazzi
 

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