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NUCLEARE, SI O NO? LA SINISTRA E LIBERTA' PONE QUESTO E ALTRI QUESITI

27 Settembre 2009

A firma della Sinistra e Libertà del legnanese riceviamo e pubblichiamo:

Proiettati in quale futuro?

L'altomilanese ha i numeri per primeggiare nel nucleare? Sembrerebbe di sì, a giudicare da quanto leggiamo sui quotidiani in questi giorni.

Siamo profondamente orgogliosi delle realtà produttive locali
che operano in questo tipo di contesto altamente tecnologico e il vanto dell’operosità e capacità lombarda di adeguarsi a queste sfide viene confermato, anche se pensiamo che tutto questo know-how potrebbe essere utilizzato per qualcosa di alternativo e sicuramente migliore: l’energia da fonti rinnovabili.

L'argomento è complesso e rischia di trasformarsi, come sempre, nello sport tipico italiano, ovvero quello del tifo: i nuclearisti contro gli antinuclearisti e viceversa. I motivi della contesa, supportati da notevoli progressi tecnologici in ambedue i campi, sono ben chiari, si spera, a tutti.

Non volendo, volutamente, entrare nell’ambito scientifico-tecnololgico della questione né parlare dei rischi per non essere tacciati di ecoterrorismo, cercheremo di spiegare in modo semplice quali possono essere i vantaggi che le fonti rinnovabili possono avere nel lungo periodo, come seria alternativa e di maggiore convenienza per il portafoglio dei cittadini, rispetto al nucleare ed al suo sfruttamento, avendo ormai quest’ultimo alle spalle una discreta storia, che ci permette di valutarne i costi e di soppesarne i supposti vantaggi.

Sulla base di studi e stime del Politecnico di Milano, risulta che entro il 2020, investendo 20 miliardi di euro in iniziative di risparmio energetico, di piccola co-generazione diffusa e in fonti rinnovabili, potremmo realizzare l’equivalente di 50 mila megawatt di potenza.

Il piano nucleare del governo Berlusconi con 25 miliardi di euro realizzerebbe solo 6400 megawatt entro il più lontano 2025 … Essendo calcoli provenienti da fonti ambientaliste, i detrattori potrebbero affermare che siano falsi, ma finora nessuno li ha ufficialmente contestati.

Poniamoci una domanda: è contestabile il fatto che l’autonomia energetica dipende dalla disponibilità della sostanza fissile, cioè l’uranio, che in Italia manca e che le prospettive di sfruttamento siano limitate e quindi soggette a variazioni di prezzo non controllabili dal nostro paese? (Avete mai visto il prezzo della benzina diminuire dopo l’ennesimo ribasso del costo del greggio?).

Il nucleare non è sicuramente più economico delle altre forme di produzione di energia: nei costi per kwh vanno inseriti anche i costi per lo smaltimento in sicurezza delle scorie e, soprattutto, i costi di smantellamento delle centrali al termine del loro ciclo produttivo. Senza contare i costi relativi ad eventuali malfunzionamenti e alla protezione dell’area dove sorge l’impianto! Una centrale nucleare è considerata ormai un obiettivo sensibile e perciò militarizzabile.

Secondo studi di APER (Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili), le piccole aziende italiane acquistano l'energia elettrica a 192 euro/ MWh, prezzo largamente superiore a quanto pagano le piccole aziende negli altri paesi europei. Il costo industriale dell’energia elettrica è pari a 52 euro/ MWh, ovvero appena il 27% del costo all’utenza. Ne consegue che un eventuale
ricorso al nucleare può incidere solo sul 27% del costo finale dell'energia prodotta. 
  APER cita molti altri dati, ma termina sottolineando che questa assurda sproporzione tra costo industriale dell’energia e costo finale al consumatore non può essere valutata che in termini politici, perché in sostanza racchiude e copre fiscalità indiretta, finanziamenti per l’espansione dei campioni nazionali (da dove giungono le risorse per l’espansione all’estero di Terna ed Enel se non dalle nostre bollette?), inefficienze (perché in Italia abbiamo i più alti costi di sistema elettrico d’Europa?), sussidi vari (nel 2008 abbiamo riconosciuto, per remunerare un servizio di interrompibilità che non è mai stato utilizzato, oltre 500 Milioni di euro ai grandi consumatori industriali). Molte altre cifre e valutazioni possono contribuire a smontare la sicurezza Berlusconiana che al nostro paese serva investire sul nucleare.

Tornando al nostro territorio e confrontando le cifre (dati ISTAT) dal 1991 l'altomilanese ha vissuto una trasformazione profonda nella sua vocazione produttiva. Quanti posti di lavoro si potevano ottenere e si possono ottenere ORA investendo nelle rinnovabili? Sicuramente almeno quanto col nucleare, e, con l’avvio di un nuovo indotto, forse anche di più.

E' solo miopia o apatia la mancata sfida sul terreno delle rinnovabili da parte dei nostri amministratori e imprenditori?
Di chi è la responsabilità dei mancati investimenti in campi che noi riteniamo più remunerativi in prospettiva futura? Come sempre alla fine i soldi li mettiamo noi cittadini e non ci piace che l'investimento sia a fondo perduto.

Il nucleare è un’ipoteca, soprattutto economica, sulla quale vogliamo la piena presa d'atto delle responsabilità che comporta.
I nostri detrattori ci dicono che speculiamo sull'immagine retorica dei nostri figli, ai quali diciamo “vi lasciamo un mondo più pulito”.

Non è del tutto così: ai nostri figli vorremmo lasciare oltre ad un mondo più pulito, anche un mondo nel quale gli investimenti siano serviti anche al loro futuro benessere, e non solo a quello di pochi ora.

Massimiliano Materazzi
Sinistra e Libertà del legnanese

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