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IL CONVEGNO DI MERCOLEDI' 20 OTTOBRE ORGANIZZATO DA SPI-CGIL TICINO OLONA

26 Ottobre 2010


I bisogni degli anziani sono stati al centro delle riflessioni che hanno animato il convegno di mercoledì 20 ottobre firmato SPI-CGIL Ticino Olona, sollecitato dalla domanda: ‘Invecchiamento, quali servizi alla persona?’. Ad intervenire presso il ristorante ‘Le Querce’ di Ossona, sono stati diversi addetti al settore insieme ad esponenti del mondo sindacale, che, in maniera corale, hanno portato il loro contributo per cercare di individuare criticità e opportunità del territorio per gli ultra- sessantacinquenni.

Il compito di disegnare il quadro entro cui si sono mossi i lavori del meeting, presieduto da Pinuccia Boggiani, è spettato a Piero Antonio Alemani, segretario generale dello SPI-CGIL Ticino Olona: “L’Italia è ormai un Paese molto vecchio e negli ultimi decenni si è rotto l’equilibrio tra le generazioni, con pesanti conseguenze sugli assetti socio-economici e previdenziali. Nel nostro comprensorio, per far parlare i numeri, abbiamo un rapporto tra anziani over65 e giovani con meno di 15 anni pari a 135 su 100, così come sempre più patologie richiedono cure continuative. Su questi mutamenti in atto, il nostro sindacato pone particolare attenzione alla ricaduta che la presa in carico di persone in condizioni di fragilità ha sul sistema sociale italiano”. Tra gli spunti di discussione individuati e messi sul tavolo del confronto, l’accordo sulla non autosufficienza (“la cui approvazione non è più rinviabile a  livello nazionale”), la costituzione dei Piani di Zona e dei CeaD (o per uscire dagli acronimi la continuità assistenziale e l’accesso semplificato dei cittadini), la realtà delle Rsa, l’introduzione dei voucher e l’assistenza a domicilio.

“Uno tra i problemi attuali più delicati, è l’assistenza e la cura delle persone che hanno perso la propria autonomia nello svolgere le azioni quotidiane, cui cerca di rispondere, in primo luogo, l’intera sfera parentale. Ma quello che viene chiamato ‘welfare invisibile’, è costituito da una rete ormai sottile che risente della debolezza delle attuali strutture familiari, divise tra lavoro, impegni lontani e inadeguatezza. L’assistenza domiciliare diventa allora per la famiglia la risorsa più utilizzata. Oggi questo mercato offre soluzioni di convenienza economica, che rendono preferibile il lavoro non regolare, tanto che si stima che solo uno su tre ‘badanti’, e in Lombardia se ne contano 150mila, abbia un contratto regolare. Il ricorso all’assistente familiare, ha permesso a molte famiglie di mantenere al domicilio i propri cari con risparmi di spesa notevoli, rispetto al ricovero in una Rsa, sebbene il costo stesso di un badante sia elevato. Occorre allora definire parametri professionali certi e validi e rendere vantaggiosa per le famiglie la regolarizzazione tramite contratto con l’aumento delle agevolazioni fiscali e il riconoscimento dei contributi figurativi, con un’integrazione degli assistenti familiari con la rete dei servizi pubblici, e un aumento  degli assegni di cura per sostenere le famiglia”.
 
Nella contingenza economica attuale, in cui si assiste ad un “impoverimento del territorio, alla crisi della sua vocazione industriale, nonché a tagli importanti verso gli enti, che si riflettono su una riduzione ed un relativo incremento dei costi dei servizi”, come sottolineato da Giovanni Sartini, Segretario generale della Camera del Lavoro del Ticino Olona, è stato così tratteggiato lo stato dell’arte dell’assistenza domiciliare territoriale. Ad intervenire in merito, Gabriella Monolo, responsabile del servizio per l’ASL MI 1. “Dati alla mano, il sistema delle cure domiciliari interessa ogni anno più di 12mila persone nei sette distretti della zona, che contano il 19% di utenti anziani – ha osservato -, per patologie difficilmente individuabili e piuttosto generalizzabili, come ulcere da decubito, complicazioni chirurgiche spesso riferibili a dimissioni premature dagli ospedali, stati vegetativi, traumatismi… I nuovi paradigmi dell’assistenza, si devono basare su concetti quali integrazione, ‘case management’ e continuità dell’assistenza, e comunque su una metodologia centrata sul paziente, in grado di coordinare ed integrare i diversi interventi e le risorse, in una logica di miglioramento continuo delle prestazioni, della qualità della vita e dell’impegno delle risorse economiche”.

Il convegno è quindi stato l’occasione per riflettere sul tema dell’integrazione socio-sanitaria e sociale, attraverso la sperimentazione sull’Azienda Speciale di Castano Primo (presentata dal direttore Laura Puddu), l’impegno dell’Ufficio di Piano del Comune di Magenta (su cui è intervenuto il responsabile Ivan Mazzoleni), la missione del ‘Golgi Redaelli’ di Abbiategrasso (inquadrata dal direttore Arcangelo Ceretti). E sulla linea di discorsi inerenti alla forza e  all’importanza del fare rete, alla priorità dell’accoglienza del cittadino e della trasparenza informativa, si colloca la riflessione di Giuseppe Calicchio, direttore sociale dell’ASL MI 1 e rappresentante dell’assessorato alla Famiglia della Regione Lombardia retto da Giulio Boscagli. “In un contesto di continuità, consolidamento e innovazione – ha osservato l’esponente del Pirellone -, la Regione Lombardia può mettere in campo una rete d’assistenza che non ha eguali nel nostro Paese, offrendo più di 55 mila posti letto nelle Residenze Sanitarie Assistenziali, più della metà di quelli attivi in Italia, oltre a 230 Centri Diurni Integrati, destinati a quegli anziani accuditi in famiglia, che non possono essere assistiti continuativamente o ad anziani soli a rischio di emarginazione.

L'invecchiamento della popolazione, l'aumento di disabilità e cronicità, il mutamento delle condizioni familiari, esigono che si metta in atto un radicale cambiamento del nostro sistema di welfare soprattutto per quanto riguarda gli interventi per la condizione anziana: occorre reperire nuove risorse da investire in questo e coinvolgere pienamente tutti gli operatori pubblici, privati e no profit in una nuova e ancora più impegnativa sfida’.

“Ma, concretamente -, si è chiesto in chiusura Claudio Dossi, Segretario Regionale dello SPI-CGIL, per far emergere le proposte del sindacato in merito -, quali ricadute sui servizi socio-sanitari e sul fondo della non autosufficienza sta avendo la manovra finanziaria?”. “Quando si dice che la famiglia deve essere al centro – ha osservato -, questa deve essere aiutata, mentre purtroppo non è così. Spesso le politiche sociali puntano ad aiutare i nuclei con bambini piccoli, mentre le famiglie con anziani vengono abbandonate a sé. Ci affacciamo con timore a quello che sarà lo scenario del 2011-2010, quando le risorse che mancheranno saranno tantissime, stimate, solo in Regione Lombardia, 700milioni di euro. E quando si parla di quantità così ingenti, significa parlare di ricadute immediate. Ancora oggi, l’accordo stipulato dalla Regione Lombardia con i Sindacati il 3 novembre 2009, per destinare 50milioni di euro al tema della non autosufficienza, non è stato tradotto in azioni concrete. La scorsa settimana abbiamo scoperto in una riunione che la manovra finanziaria toglie questi soldi  e mette in discussione un patto che avrebbe dovuto accompagnare il sostegno al sistema assistenziale e potenziare il sistema territoriale di accoglienza.

Per quanto ci riguarda, chiediamo che il governatore Roberto Formigoni onori questo accordo, stretto a valle delle elezioni regionali. Non ci interessa come, basta che non vada a prendere i soldi con aumenti di tasse e addizionali. Premesso che non siamo contro il federalismo fiscale, che anzi consideriamo un’opportunità, se, come dovrebbe essere, è solidale e capace di non schiacciare sempre più in basso i diritti, pensiamo che i modelli sanitari debbano integrarsi, cogliere e condividere buone prassi, per dare una risposta al tema degli anziani. Uscendo dalla logica dei trasferimenti e pensando al reperimento di risorse da destinare al sociale e agli anziani, le amministrazioni comunali dovrebbero puntare sulla battaglia all’evasione fiscale locale, su una decisa politica dell’ambiente, con la ‘green-economy’ e l’idea del risparmio energetico, senza dimenticare la possibilità di reperire i fondi europei. I Comuni dovrebbero allora consorziarsi ed aprire sportelli capaci di intercettare le risorse del Continente. Le stesse, cioè, intercettate solo per il 0,62% dalla Lombardia, mentre la Polonia è al 30% e la Germania al 60%. Stiamo parlando di un Paese che è fermo, che deve essere capace di innovare nelle fondamenta le sue opportunità. Affrontare il tema dell’invecchiamento, significa allora parlare non solo di quanto è brutta la ferita, ma anche essere propositivi, spronare ad agire su un terreno nuovo e fertile. Non solo parlando di diritti, ma anche rimodulandoli”.

Segreteria Spi – Cgil Ticino Olona 

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