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FABRIZIO BERTO PROVERA IN MEMORIA DI NICO CONTE

23 Giugno 2010


In memoria di Nico Conte, scomparso nel maggio scorso, riceviamo e pubblichiamo questo messaggio di  Fabrizio Berto Provera

CARO COMANDANTE NICO, IL REGGIMENTO PARTE ALL’ALBA.
MA TU HAI COMBATTUT0 LA BUONA BATTAGLIA,
ORA RIPOSA IN PACE

Caro comandante Nico, ricordo come fosse ieri il nostro primo incontro. Assieme all’amico e socio Fabrizio Valenti, nel dicembre del 2008, in una saletta del Comune di San Vittore Olona, a fianco del tuo fratello mancato Pino Bravin, il più impolitico dei sindaci che abbiamo mai conosciuto. Lo capimmo sin da subito: il tuo, il vostro carattere di ‘impolitici’ ci aveva attratto e irretito in pochi istanti.

Come avviene tra persone che forse, inconsapevolmente, condividono molto più di quanto appaia. Non sapevamo del male che ti minava da anni, un male che solo la tua corazza ha saputo respingere facendo gridare qualche medico al miracolo, e tenuto viva la speranza tra il tuo sterminato seguito di amici e sodali. Pensavo fossimo agli opposti: tu uomo proveniente dal Pci di Enrico Berlinguer, tu figura alta e nobile di quella sinistra dalla tensione etica ormai irrintracciabile, arso per una vita dal sogno di coniugare libertà e giustizia sociale, capace di creare associazioni, circoli, intraprese tra le più svariate. Io giovane (un tempo) conservatore, reazionario, portavoce (piuttosto fascista…) dell’ultimo Federale milanese di Alleanza Nazionale, devoto lettore di Giulio Evola, Berto Ricci, con una venerazione per Giorgio Almirante e Beppe Niccolai. Ma gli eretici, come diceva lo stesso Ricci, mi son sempre piaciuti: ti guardavo e pensavo a Nicola Bombacci, tra i fondatori del Partito Comunista nel 1921 a Livorno, morto impiccato (e dimenticato) in piazzale Loreto a fianco del Duce.

Nico Conte, il comandante Nico, mi appariva- per dirla con Massimo Fini- come un ‘chevalier SEUL’, un uomo per il quale la politica non avrebbe mai potuto tradire valori come amicizia, senso dell’onore, coerenza. Un uomo che, sdegnato, rifiutava il compromesso sistematico…

Una politica condotta appunto da impolitico, poi sfociata nell’appassionante campagna elettorale in sostegno di Pino Bravin, Ivo VALTORTA e quel gruppo curioso ed eterogeneo di persone che dava l’impressione chiara non solo di non aver guadagnato un ghello in cinque anni di Amministrazione, ma persino di averci rimesso tempo e denaro…

Il Comandante Nico, abbarbicato alla sua sedia nel punto elettorale, dispensava perle di saggezza. Una mattina, davanti a me e Fabrizio Valenti, lesse un discorso rigorosamente scritto a penna, lui che rifiutava ogni contatto con l’informatica, ma che si scioglieva nel guardare al talento ed all’intelligenza viva del figlio Jacopo, che del web conosce persino gli anfratti più oscuri.. Quella mattina ci dicesti più o meno così: “La lista di Pino Bravin è alla ricerca di una nuova metafisica, che possa essere condivisa da credenti e laici, per un patto rinnovato tra amministratori e cittadini…”.

Metafisica… Nessun accenno alle bassezze da varianti di Piano Regolatore, da mercanteggiamento di voti, da bassezza scambiata per esaltazione dell‘accordo, delle calunnie velenose e intinte d’invidia… Niente. Mentre gli avversari spargevano anche sonore menzogne il Comandante Nico, fisso sulla tolda di comando, dava la linea: nessun attacco personale, nessuna caduta di stile, nessuna bassezza. Credevo avremmo vinto. C’è mancato poco. Quella barca che faceva acqua da tutte le parti stava per abbattere corazzate ben più salde e potenti. Ma non ce la facemmo. Che amarezza quel pomeriggio. Ma che stile, anche nella sconfitta. Quel giorno tornarono in mente parole stampate a fuoco nel mio cuore: meglio la nobiltà della sconfitta che la vergogna di non aver neppure lottato.

Il Comandante Nico, dopo aver onorato al centesimo tutti gli impegni economici della lista (anche qui, che iato stridente col resto del panorama politico…), aveva lo sguardo fiero. Forse, in cuor suo, già presagiva che quello sforzo gli sarebbe stato fatale. Ma poco importa. L’Idea non muore, devi aver detto. E va bene così. E allora io ho pensato all’incredibile analogia con quanto scrisse un grande ‘Camerata‘, Marzio Tremaglia, anche lui stroncato da un male incurabile, quasi dieci anni prima: “sono convinto che la vita non può ridursi allo scambio, alla produzione o al mercato, ma necessita di dimensioni più alte e diverse. Credo in una dimensione etica della vita che si riassume nel senso dell'onore, nel rispetto fondamentale verso se stessi, nel rifiuto del compromesso sistematico”.

Già, comandante Nico. Hai lottato con coraggio e nobiltà d’animo, lasciando tracce indelebili, pari soltanto al dolore di chi resta. Ma terremo tutti la testa alta e lo sguardo proteso in avanti, chi ti ha avuto come compagno di vita per decenni e chi come me solo per un tratto dell’esistenza. In alto le insegne in tuo onore, Comandante. Il reggimento parte all’alba. Ma tu hai combattuto la buona battaglia, ora riposa in pace. Perché l’Idea non muore, e dovunque – a Legnano o altrove nel mondo – qualcuno dedicherà la vita a non tradire la Passione Ideale, la voglia di lotta, finché qualcuno terrà accesa la fiammella della militanza, Nico Conte rivivrà ogni giorno.

A buon rivederci Comandante, ti accompagnino per sempre le parole del grande T.S. Eliot: “Ecco, ora scompaiono i volti e i luoghi. Assieme a quella parte di noi che li aveva amati. Per rinnovarsi, trasfigurati, in un’altra trama”.

Fabrizio Berto Provera

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