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Circolo socialisti: “Il risultato referendario è un dato democratico e non è discutibile”

referendum legnanese

14 Giugno 2025

Dei 47 milioni di italiani aventi diritto al voto, l’ 8 e il 9 giugno si sono recati alle urne per esprimersi sui quesiti posti dai 5 Referendum 15 milioni di cittadini, l’ affluenza alle urne è stata del 30 ,5% , il 69,95 degli aventi diritto non andando a votare ha fatto venire a meno il quorum e i referendum sono invalidati , facendo registrare il dato più basso in assoluto dell’ affluenza relativi ai Referendum abrogativi della vita repubblicana. Contrariamente a chi oggi sostiene che nel nostro paese esiste un problema di Democrazia ( forse per nascondersi dietro la loro incapacità organizzativa o scientificamente “predisposta” a proporre con chiarezza i quesiti posti nei referendum) e dall’ altra parte la rinuncia al confronto preferendo la politica all’ astensionismo al voto, che piaccia o non piaccia il risultato referendario è un dato democratico e non è discutibile, bisogna prenderne atto e farne tesoro. Sono al quanto sterili e infantili i proclami di gioia e le argomentazioni di una presunta vittoria di parte degli oppositori ai referendum e di non sconfitta dalla parte dei propositori referendari, in concreto è stata una clamorosa sconfitta di entrambe. L’ istituto del referendum resta comunque uno strumento della democrazia diretta, sicuramente d’ aggiornare ai tempi odierni, ma non da demolire, storicamente è il mezzo che ha consentito battaglie importanti nella storia della Repubblica. Piuttosto che concentrarsi sull’ ingegneria costituzionale, la cosiddetta classe politica farebbe bene ancora una volta a concentrarsi sulla scarsa partecipazione e sull’assenteismo. Non rappresentano segnali rassicuranti, ma dovrebbero far interrogare i politici di ogni schieramento su come mai i cittadini non si sentono più parte di un dibattito e di una dialettica. Urge tornare ad una formazione politica e ancora prima civica. L a risposta dell’ elettorato è sta forte e chiara disattendendo l’ appello dei sostenitori dei referendum e degli osservatori. Ha certo pesato il fatto che i quesiti posti in materia del lavoro erano di difficile comprensione anche in parte dei sostenitori per alcuni contenuti e aspetti astratti e contradditori, e non è stata sufficiente la richiesta di un atto di fede per recarsi a votare .Non ha certo aiutato anche il fatto che i quattro Referendum in tema di lavoro sembravano più rivolti a delle scelte di governo di centro sinistra di dieci anni fa, dando ai Referendum una veste politica contro l’attuale Governo, in breve nessuno dei quesiti posti andava nell’ indirizzo di correggere le storture dell’ attuale mercato del lavoro. Per quanto riguarda il quinto referendum sulla abbreviazione della tempistica al diritto di cittadinanza si è evidenziato che molti di quelli che hanno votato il si , sul lavoro hanno votato il no, sulla cittadinanza seguendo i temi populisti anti migrazione in dote alle destre italiane e della comunità della europea, il risultato referendario rinforza il popolo dell’ astensione pesa sulle spalle della destra italiana incapace di affrontare i quesiti posti nei referendum ,da un centro sinistra che si rompe ancora prima del voto e dall’ organizzazione sindacale la più rappresentativo del Paese che predilige la politica della pluralità invece che un unità d’ intenti che finora li ha distinti rispetto ad altri . Questo insuccesso referendario non sta a significare che i lavoratori italiani siano contenti della qualità in cui si trova il mercato del lavoro italiano . anzi al contrario, vi è una forte preoccupazione per la produttività che non cresce e se cresce , cresce poco e di conseguenza anche le retribuzione medie che non stanno al passo col rincaro dei prezzi. L’ incapacità di attrarre investimenti stranieri in grado di rinnovare il tessuto imprenditoriale in modo di rendere efficace l’ organizzazione del lavoro, migliorarne la qualità e la produttività, valorizzando la formazione e la sicurezza delle loro maestranze. Una ulteriore preoccupazione è l’ incapacità di trattenere i giovani talenti ed attrarne degli altri nel sistema produttivo del Paese, la mancanza di un sistema della formazione e riconversione professionale che difetta di un monitoraggio permanente nella rete dei servizi in supporto al mercato del lavoro, che si rende difettoso mancando l’obbiettivo dell’ incontro della domanda e della offerta occupazionale. Queste oggi in parte sono le risposte che servono e che ci si aspetta da una classe dirigente che vuole amministrare il Paese. Noi socialisti del Circolo Giacomo Matteotti con i contributi che diffondiamo, non vogliono suscitare una unità di consensi, ma togliere il dubbio della necessità di un confronto.
Circolo culturale socialista Giacomo Matteotti
Ovest Milano Metropoli

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