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Dantedì: “Leggere Dante è una fatica interminabile”

L'ottava riflessione sulla Divina Commedia nel progetto lanciato dalla associazione Liceale Sempre di Legnano è firmata da Filippo Bonzi, medico chirurgo. Nel suo commento, un inedito concetto "leggere Dante è una fatica interminabile"

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L’ottava riflessione sulla Divina Commedia nel progetto lanciato dalla associazione Liceale Sempre di Legnano è firmata da Filippo Bonzi, medico chirurgo. Nel suo commento, un inedito concetto “leggere Dante è una fatica interminabile”. Cliccare qui per la locandina originale

Già al Liceo avevo capito alcune cose sulla Divina Commedia di Dante. Avevo capito che l’obbligo allo studio me la rendeva ostica, noiosa e pesante. Avevo capito che l’Inferno e i suoi personaggi erano più accattivanti del Purgatorio e dei misteriosi pensieri teologici del Paradiso.
Avevo capito che se Dante ci era raccontato e letto da una voce diversa come quella del Prof. Marinoni nelle ore di supplenza, acquistava un fascino e una attenzione del tutto particolare.
Ma è stato nel 2004 e nei due anni successivi, “nel mezzo del cammin de la mia vita”, che ho riscoperto “la Commedia” grazie alle splendide lezioni di Vittorio Sermonti in Santa Maria delle Grazie a Milano. Per tre anni il mio autunno era atteso e affascinato dalla presenza di Dante.
Immaginate una bellissima chiesa stracolma di gente in ascolto. Immaginate la piazza assiepata. Immaginate le persone accovacciate per terra, sul marciapiede, appoggiate ai muri, intorno alle aiuole, sedute sulle biciclette e sui motorini.
Uomini, donne, e anche bambini. Perché? Per curiosità, per voglia di imparare, per il desiderio di ascoltare, di capire ciò che a scuola non avevamo capito, di risentire la voce di Dante dopo molti anni dal liceo, di approfondire concetti dimenticati.
Il volto chiaro e sornione dell’ “inviato” Sermonti, in quegli anni, con ostinazione e puntualità, è riuscito più di altri (persino più di Benigni) ad avvicinarmi al Poema. Il fatto più sorprendente è che tutto ciò avveniva con la sola forza della voce, che era per metà la voce di Dante e per metà quella calda e coinvolgente di Sermonti stesso. Nessun apparato.
Solo il racconto che precedeva ogni canto, da consegnare nudo e crudo ai volonterosi lettori.
Prendere o lasciare.
E il pubblico, già allora, decise di prendere. Me compreso. Per puro e appagante piacere.
Il poeta russo Osip Mandel’stam diceva che leggere Dante è una fatica interminabile: “Se la prima lettura dà soltanto il fiato corto e una sana stanchezza, per quelle successive bisogna provvedersi d’indistruttibili scarponi ferrati”. Sermonti ne aveva consumati tanti di scarponi e come un buon inviato ci mandava bollettini di guerra, complessi e tormentati, dalle zone belliche inventate dal Poeta.
Nell’anno di Dante ho rimesso gli scarponi ferrati e, nonostante la pandemia che limita e limiterà manifestazioni di soccorso, il fiato è meno corto, supportato da quella saggia volontà e da quella predisposizione alla fatica, che ti ritrovi nella vecchiaia e ho ripreso la lettura della Commedia, ben disposto allo sforzo e consapevole di consolanti risposte.
Filippo Bonzi – Medico Chirurgo

Redazione
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Pubblicato il 12 Maggio 2021
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