Legnanese il ricercatore che ha scoperto la lettera “eretica” di Galileo
Salvatore Ricciardo, ricercatore storico, ha studiato nella biblioteca cittadina
Immagini di copertina e in pagina tratte da Nature
E' legnanese il ricercatore che ha trovato la lettera originale che costò a Galileo Galilei l'accusa di eresia e che, ieri, sabato 22 settembre, è stata per quasi tutta la giornata la notizia d'apertura dei TG nazionali.
Si chiama Salvatore Ricciardo, 41 anni. Ha trovato il prezioso documento il 2 agosto scorso a Londra, in una biblioteca della Royal Society, dopo essere rimasto nascosto agli occhi degli storici per due secoli e mezzo.
La notizia è stata anticipata il 21 settembre dalla rivista Nature, dopo che Ricciardo, storico della scienza residente nella Città del Carroccio (dove ha studiato nella biblioteca cittadina), attualmente professore a contratto all'università di Bergamo, insieme al suo supervisore Franco Giudice, dello stesso ateneo, e Michele Camerota, dell'Università di Cagliari, ha verificato l'originalità della lettera.
«Mi trovavo a Londra per un progetto sulla scienza e il mito di Galileo in Europa tra il 17esimo e il 18simo secolo. Ho fatto una ricerca su un catalogo online relativa a Benedetto Castelli, il primo e il più importante allievo di Galileo Galilei, e come risultato – spiega Ricciardo contattato in giornata – è uscita la lettera scritta da Galileo di cui Castelli era destinatario. Tutti gli studiosi credevano che l'originale fosse andato perduto, invece esiste e me ne sono incredibilmente sorpreso. Una scoperta importante».
In queste sette pagine scritte il 21 dicembre del 1613, G.G. – Galileo si firma con le iniziali – spiega all'amico matematico la sua teoria sul movimento della Terra intorno al Sole, opposta alla tesi della Chiesa secondo la quale la Terra era immobile, sostenendo per la prima volta che la ricerca scientifica deve essere libera dalla dottrina teologica. Della lettera esistono 12 copie, tra queste anche quella custodita negli Archivi Vaticani, che il 7 febbraio 1615 venne inviata all'Inquisizione, indirizzata al domenicano Niccolò Lorini. Galileo espresse però dubbi sul fatto che la versione spedita dal Lorini all'Inquisizione fosse stata alterata da "nemici". Quello che ha colpito Ricciardo è che nel testo originale inviato a Castelli sono presenti correzioni e cancellazioni, con modifiche significative, segno che lo scienziato avrebbe edulcorato le proprie parole, proprio per evitare l'ira dell'Inquisizione. La lettera ritrovata offre pertanto nuove risposte sulla questione rimasta aperta sul fatto che i toni usati da Galileo fossero effettivamente duri come l'Inquisizione sosteneva.
Il documento è stato analizzato e descritto in un articolo che ad ottobre uscirà sulla rivista Notes and Records, della Royal Society. Un articolo che molti studiosi attendono di leggere. Allan Chapman, dell'Università di Oxford e presidente della Royal Society si è già espresso dicendo che «la lettera è così importante che permetterà nuovi approfondimenti in questo periodo critico».
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