Quantcast

Deportati Tosi: il ricordo di Luigi Botta

Il presidente dell'Anpi ricorda i lavoratori deportati nei lager nazisti davanti ai cippi dei partigiani...

Riceviamo e pubblichiamo il discorso integrale del presidente dell'Anpi di Legnano alla 73esima commemorazione degli operai deportati dalla Franco Tosi. 


E’ per me motivo di rinnovata commozione ricordare anche oggi, a nome dell’ ANPI di Legnano, i lavoratori della Franco Tosi che in quel lontano giorno di gennaio furono strappati alle loro famiglie e deportati in un viaggio dal quale non fecero più ritorno.

Ed è con deferenza che saluto le autorità, civili e militari, che oggi hanno presenziato alla manifestazione e con loro ringrazio le rappresentanze sindacali, i rappresentanti delle diverse associazioni, dei partiti politici, tutti uniti per un atto di omaggio e di impegno civile.

Un grazie alle Forze dell’Ordine, alla Polizia Locale che col loro impegno permettono a tutti noi di svolgere in serenità questa nostra commemorazione.

Un affettuoso e riconoscente abbraccio alla memoria di Candido Poli, ultimo superstite dai campi di sterminio di Mauthausen, Dachau, Bernau, che in un triste giorno dello scorso anno ci ha lasciato. 

Un fraterno saluto l’ ANPI lo rivolge ai lavoratori della Franco Tosi con l’augurio di un sereno prosieguo di attività in questo momento della loro difficile realtà lavorativa.

1 – “ Ha toccato la paura, ha ascoltato gli sguardi del dolore, ha sentito le grida delle vittime e poi egli stesso fu vittima". Queste parole che il poeta tedesco Friedrich von Schiller ci ha lasciato nella sua toccante opera “ La morte di Wallenstein” ben si addicono ad ognuno di questi nostri compagni lavoratori che nel lontano 1944 la tirannia  nazifascista ha condannato a morte in terra straniera. Ed è stato scritto: chi muore lontano dalla propria terra muore due volte. Non erano eroi questi lavoratori, ma lo sono diventati loro malgrado. In una fredda mattina del primo 800, il Foscolo contemplava gli avelli che in Santa Croce a Firenze racchiudono le spoglie di uomini illustri. Ed il suo animo di poeta, in una immaginaria corrispondenza con l’amico Ippolito Pindemonte, così si esprimeva: “…a egregie cose l’animo accendono l’ urne dei forti e bella e santa fanno al peregrin la terra che li ricetta…”. Proiettati di due secoli avanti nel tempo, anche noi oggi ci soffermiamo reverenti dinnanzi a queste lapidi di deportati che si ergono su un fazzoletto di terra consacrata. Ed anche nel nostro animo sorgono alti sentimenti di rispetto e di riconoscenza per queste vittime  che la barbarie nazifascista strappò ai comuni affetti della famiglia e privò del legittimo diritto all’ esistenza. Su un’urna cineraria di età romana venne rinvenuta una scritta “la vita dei morti si rinnova nella memoria dei vivi" e loro, i nostri compagni che oggi abbiamo ricordato li sentiamo ora qui, vivi tra noi, perché noi abbiamo raccolto e fatto nostro il significato del loro sacrificio  ed i valori che esso esprime. Questi valori noi li abbiamo custoditi immutati, li troviamo scolpiti nella nostra Costituzione Repubblicana, nata dalla Lotta di Liberazione dal fascismo, della quale celebriamo quest’anno il 70° anniversario della sua entrata in vigore e ci impegniamo a trasmetterli a coloro che la vita ci ha messo accanto nelle generazioni successive alla nostra. 

Affermava Piero Calamandrei in un suo discorso il 28 febbraio del ’54 al teatro Lirico di Milano: “ Nelle commemorazioni che noi facciamo nelle varie occasioni, ci illudiamo di essere noi vivi a celebrare i morti. E non ci accorgiamo che sono loro, i morti, che ci convocano qui, come

2 – dinnanzi ad un tribunale invisibile, a rendere conto di quello che in questi anni possiamo avere fatto per non essere indegni di loro”.

Nelle case della Roma antica un angolo era riservato alla venerazione degli dei Mani, dei Lari e dei Penati, dei familiari, spirito e memoria dei loro antenati. Sotto una piccola ara una scritta: deorum manium iura sacra sunto” Sacre siano le promesse allo spirito dei morti. 

Sacro sentiamo l’impegno che rinnoviamo dinnanzi a queste tombe.

Si legge che il carismatico monaco Grigorij Rasputin ( o Raspùtin come dicono i russi) consigliere dei Romanov, raccontava un giorno allo zarevic Alessio la vita del proprio padre Efim, contadino siberiano. Ad un certo punto fu interrotto dal giovane che lo invitava a pregare.

“Raccontare la vita di un uomo non è forse una preghiera?” rispose il monaco.Nel ricordare questi nostri scomparsi noi abbiamo elevato una preghiera, una preghiera laica che chiede per la nostra Italia  che non le vengano mai tolti i beni della libertà e della democrazia per i quali questi lavoratori ebbero sacrificata la vita.

Erano lavoratori, antifascisti, sindacalisti.  E l’influenza che il mondo operaio e la realtà della fabbrica ha avuto su di loro li ha portati a quella passione inestinguibile per la libertà  che hanno duramente pagata con la vita.  Erano consapevoli che lottando contro il fascismo, contro un regime totalitario, si ponevano le basi di una nuova società, dove la tutela dei diritti dei lavoratori e la tutela sociale dei cittadini avrebbero alla fine avuto il dovuto riconoscimento. Sono stati dalla parte giusta, erano antifascisti e noi siano con loro nella pienezza del significato di questa parola.

Si è “antifascisti” quando si rispetta l’altro, quando se ne riconosce la legittimità nell’atto stesso di contrastarlo, quando non si pretende di assimilarlo, di ridurre cioè il suo pensiero, la sua identità al nostro pensiero, alla nostra identità. L’antifascismo è l’ansia di intervenire contro l’ingiustizia, piccola o grande che sia, di intervenire contro ogni minaccia di libertà; 

 3- è pluralismo politico e sociale, legittimazione delle differenze; è la democrazia come partecipazione e non solo come garanzia per tutti.

E con i Deportati della Tosi, i cui nomi sono stati scanditi in fabbrica, permettetemi di ricordare accomunandole altre vittime  della deportazione di altre fabbriche legnanesi: Rino Cassani, Astorre Landoni, Carlo Ciapparelli, Giuseppe Ranzani, Davide Zanin, Eugenio Verga, Mario Pomini, Gianpietro Farioli, Giuseppe Bosani, Ambrogio Bossi, Luigi Mazza, Carlo Filetti. Dietro a questi nomi, i terribili nomi di Mauthausen, Gusen, Flossenburg.

Un pensiero riconoscente infine a Don Mauro Bonzi, sacerdote legnanese vittima di Dachau. Don Bonzi riposa qui, nella Cappella del Clero.

Facciamo rivivere nel nostro operare i nostri deportati, valorizziamo la loro eredità negli ideali che la compongono e che riconosciamo nelle grandi parole che la nostra Costituzione, nata dalla Resistenza e dalla Lotta di Liberazione dal nazifascismo ha sancito: Libertà, Giustizia, Democrazia.

Luigi Botta

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
Noi di LegnanoNews abbiamo a cuore l'informazione del nostro territorio e cerchiamo di essere sempre in prima linea per informarvi in modo puntuale.
Pubblicato il 18 Gennaio 2017
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore