Omicidio Ravasio, la “mantide” di Parabiago si difende: “Perseguitata per la mia fede, non sono un mostro”
Adilma Pereira Carneiro ha preso la parola dopo un'udienza fiume dove a raccontare la loro verità erano stati, tra gli altri, il suo stesso figlio Igor Benedito e soprattutto la mamma e il cugino di Ravasio

«Perché avrei dovuto far uccidere Fabio?». La domanda di Adilma Pereira Carneiro, ormai per tutti la “mantide” di Parabiago, è caduta pesante come un macigno nell’aula del palazzo di giustizia di Busto Arsizio, dove davanti alla Corte d’Assise ormai da settimana si sta celebrando il processo per l’omicidio di Fabio Ravasio, ucciso lo scorso 9 agosto in un agguato orchestrato in modo da far credere che l’uomo fosse stato investito da un pirata della strada poi datosi alla fuga lungo la provinciale tra Busto Garolfo e Parabiago.
Pereira Carneiro ha preso la parola dopo un’udienza fiume dove a raccontare la loro verità erano stati, tra gli altri, il suo stesso figlio Igor Benedito, al volante dell’auto che ha messo fine alla vita di Ravasio nove mesi fa, e soprattutto la mamma e il cugino della vittima. E lo ha fatto tornando a puntare il dito contro Massimo Ferretti, amante della donna all’epoca del delitto: «Ho sentito della accuse assurde – ha sottolineato la “mantide”, raccontando anche che in un’occasione il barista avrebbe toccato la foto del padre defunto dicendo “Se non sarà mia, non sarà mai neanche sua” -. Il mio sbaglio è stato Ferretti, che per gelosia mi stalkerava, mi accusava, mentre io contavo sui soldi che mi doveva. Non so come ha fatto questa cosa, si prenda le sue responsabilità».
In aula Adilma Pereira Carneiro ha anche negato di aver mai fatto riti con uccisione di animali e si è detta anche «perseguitata» per la sua fede. «Ho aiutato tante persone – sono state le sue parole -. Non accetto più di essere perseguitata per la mia fede o di essere giudicata un mostro come succede dall’inizio del processo». Poi il racconto dei presunti tradimenti di Fabio Ravasio, del rapporto «conflittuale» di quest’ultimo con la madre – che come il cugino non ha nascosto il suo disappunto per quello che ha sentito mentre l’imputata rendeva spontanee dichiarazioni – e della gelosia del 52enne nei confronti del cugino Giuseppe per la più alta considerazione che ne avrebbero avuto i genitori. E la scelta di troncare i rapporti con la famiglia di origine del compagno per le continue tensioni causate dalle liti dell’uomo con la madre.
Adilma è tornata anche sulla questione dei certificati di nascita falsi dei suoi due figli più piccoli, fatti passare per figli di Fabio Ravasio mentre invece il padre è il marito della “mantide” Marcello Trifone: certificati che secondo la ricostruzione dell’imputata sarebbe stato il socio del 52enne ad alterare in vista dell’iscrizione all’asilo nido dei gemelli, su cui Ravasio non avrebbe voluto far comparire il cognome Trifone. «È tutto assurdo – ha concluso Pereira Carneiro -. Cosa mi obbligava a rimanere con Fabio? Nulla, avevo i miei soldi, se guardiamo ai patrimoni ne avevo anche più di lui, non avrei mai avuto il denaro dei suoi genitori. Se mi fosse interessato il patrimonio, perché non divorziare e sposarlo? Perché non fargli riconoscere i gemelli?».
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