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La liberazione di Mathausen nella storia del deportato sangiorgese Guido Vignati

Nell'anniversario della liberazione del campo di concentramento di Mathausen, il presidente della sezione ANPI di San Giorgio ricorda il partigiano sangiorgese Guido Vignati, che lì fu deportato

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In occasione dell’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Mathausen, il presidente della sezione ANPI di San Giorgio su Legnano, Roberto Mezzenzana, ricorda il partigiano sangiorgese Guido Vignati, che fu deportato proprio a Mathausen-Gusen.


Nel marzo del 1944 oltre un milione e mezzo di lavoratori del Norditalia attuarono lo sciopero generale. La mobilitazione proseguì per tutto il mese. Scioperarono i lavoratori delle fabbriche, i tramvieri, i tipografi e i giornalisti bloccarono per cinque giorni il Corriere della Sera. Sciopero generale che per estensione, partecipazione, combattività assunse esplicitamente il carattere di mobilitazione, di “rivolta”, contro la fame, la guerra, contro l’occupante nazista.

Partigiano con compiti di difesa interna e di collegamento con le formazioni partigiane in montagna, il sangiorgese Guido Vignati al momento dell’arresto aveva 33 anni e lavorava nella Franco Tosi di Legnano: fu arrestato dai nazisti perché era membro della Commissione interna e manteneva rapporti con le prime formazioni partigiane in montagna.

A Mathausen arrivò con il trasporto n. 32, convoglio partito da Firenze l’8 marzo 1944 con almeno 300 deportati toscani, di cui sicuramente 117 di Prato, 66 di Firenze, 50 di Empoli, 21 di Montelupo Fiorentino, 11 di Capraia e Limite, 6 di Cerreto Guidi e 6 di Vinci, con destinazione Mauthausen, dove giunse l’11 marzo 1944. Altri deportati furono caricati sul convoglio durante le soste a Fossoli e a Verona, dove al treno furono aggiunti altri sei carri bestiame con 290-300 deportati: 105 provenivano da Milano, 90-95 da altri comuni della Lombardia e un centinaio da Torino (78 erano operai Fiat). In base alla sequenza dei numeri di matricola attribuiti alla data di arrivo del convoglio (compresi tra il 56.885 e il 57.481), il totale dei deportati risulta 597, tutti identificati. All’anno 1984 i superstiti erano 53. Sullo stesso trasporto c’erano anche i lavoratori della Franco Tosi catturati il 5 gennaio 1944: Cattaneo P., Cima P., Grassi C., Orsini F., Sant’Ambrogio A., Venegoni E., Vitali A., Landoni A., Terrenghi P., Vignati Guido. A Mauthausen il convoglio arrivò nel primo pomeriggio dell’11 marzo; il viaggio era durato tre giorni

Guido Vignati fu classificato con la categoria Schutz, mestiere dichiarato fucinatore, matricola 57472. Dopo un periodo di quarantena (probabilmente 15-20 giorni) fu trasferito nel sottocampo di Wien Floridsdorf (periferia di Vienna), dove lavorò duramente nell’ampliamento delle cantine di una birreria dove poi avrebbero montato componenti per aerei per conto della Heinkel. Nel lager vi erano alcune migliaia di deportati. Il 1° aprile 1945 stavano per arrivare i sovietici e fu evacuato il lager, Vignati aveva vissuto 13 mesi di campo di concentramento. Guido conobbe l’orrore di una “marcia della morte”, da Wien a Mauthausen, circa 200 chilometri da percorrere a piedi, senza mangiare e bevendo solo l’acqua delle pozzanghere perché i nazisti tentavano in quel momento di impedire ai nemici sovietici e anglo- americani di liberare i prigionieri. Marciando giornate intere in quelle condizioni la mortalità fu molto alta, chi non ce la faceva più era freddato da un milite SS con un colpo alla nuca.

Durante la marcia in cui era presente Vignati, giunti a pochi chilometri da Mauthausen, morirono l’ingegnere Pericle Cima della Tosi e Guido Valota di Milano: furono uccisi perché caddero a terra quasi nello stesso luogo nell’impossibilità di continuare lo sforzo. Testimone di quanto accadde fu Adamo Sordini, operaio della Innocenti di Milano, il quale anni dopo (1992) così raccontò al figlio di Valota: «… l’ing. Cima è morto intanto che stavamo andando sul ponte di ferro a Mauthausen, ponte che attraversava il Danubio. Eravamo io e il Vignati di San Giorgio su Legnano. Era il suo operaio. L’abbiamo portato dove c’era una buca e l’abbiamo lasciato là. Poi è arrivato il maresciallo che gli ha dato il colpo di grazia».

Quando Guido arrivò a Mauthausen l’8 aprile del 1945, si persero le sue tracce. È facile immaginare ciò che visse fino all’arrivo degli americani il 5 maggio, perché i lager dove convergevano le marce della morte raggiunsero nel marzo-aprile del 1945 il massimo dell’affollamento. Migliaia e migliaia di disperati che avevano prevalentemente marciato a piedi arrivarono nei lager in condizioni prossime alla morte per inedia e nei lager non trovavano un po’ di cibo o di acqua che non fosse infetta. Non c’erano neppure strutture al coperto per alloggiare questa popolazione infelice. Per sopravvivere Vignati dovette ricorrere a tutte le sue energie e in quei giorni vide sicuramente episodi allucinanti in cui nulla di umano rimaneva. Il 5 maggio arrivarono gli americani e le sue sofferenze, al pari di tanti altri deportati di molte nazionalità, erano destinate a finire.

Tornò a casa nel giugno del ’45 e si fermò dalla sorella che abita in via San Bernardino a Legnano. Fece colazione con una tazza di caffè e latte e poi si fece prestare una bicicletta per tornare a San Giorgio su Legnano in via Isonzo. Mentre tornava a casa incontrò gli operai della Tosi che andavano al lavoro: “A le turnà ul Guido” e gli fecero una gran festa. Intanto, la notizia si era sparsa e da San Giorgio su Legnano un gruppo di parenti e amici gli andò incontro.

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Pubblicato il 05 Maggio 2021
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