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Vaccini anti-Covid, il microbiologo Clerici: «Torneremo alla normalità, ma non subito»

Quando ci saluteremo di nuovo con una stretta di mano? E quando torneremo al ristorante e allo stadio? Ne abbiamo parlato con Pierangelo Clerici, direttore dell'U.O.C. Microbiologia dell'Ospedale di Legnano

PierAngelo Clerici Asst Ovest Milano

Il 2020 sarà ricordato come l’anno delle mascherine, del distanziamento sociale, dell’inno di Mameli cantato dai balconi e dai terrazzi. Il coronavirus, che solo pochi mesi fa ci sembrava un problema lontano, quasi fosse “cosa d’altri”, ha cambiato profondamente la nostra realtà quotidiana e purtroppo ha lasciato strascichi pesanti in tante famiglie che in questo Natale “blindato” hanno dovuto fare i conti con un posto vuoto a tavola inatteso e indesiderato. Nei giorni scorsi, però, i camion arrivati al Brennero che hanno portato in Italia il vaccino anti-Covid hanno riacceso nei nostri occhi di spettatori impotenti la speranza che le colonne di mezzi militari carichi di bare avevano spento in primavera.

In fondo al tunnel della pandemia, insomma, si inizia ad intravedere metaforicamente la luce del ritorno alla “normalità” grazie al vaccino. Proprio di questo LegnanoNews ha parlato con Pierangelo Clerici, direttore dell’unità operativa complessa di Microbiologia dell’ASST Ovest Milanese, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani e componente del comitato tecnico-scientifico regionale della Lombardia.

Dopo il vax day del 27 dicembre, inizia la campagna vaccinale di massa. Quando torneremo alla normalità?
Bisogna essere sinceri, la normalità non la vedremo certo entro pochi mesi, credo che la previsione dell’autunno sia più che corretta. Si dovrà vaccinare la popolazione in misura abbondante, sopra il 90%, per garantire l’immunità anche a chi non potrà essere vaccinato. Non illudiamoci che tra pochi mesi si possa togliere la mascherina e riprendere con le attività ante-Covid: andranno mantenute delle precauzioni. Sappiamo che la mancanza di socializzazione sta trasformando la personalità degli italiani, soprattutto degli adolescenti, ma in gioco c’è la vita: parliamo di una malattia che ancora oggi (mercoledì 30 dicembre, ndr) ha causato più di 500 decessi.

Quando potremo tornare a mangiare al ristorante in tranquillità, a salutarci con una stretta di mano o a vedere un concerto o un partita di calcio?
La stretta di mano dovrà essere abbandonata anche per il 2021. Per i ristoranti, invece, credo che se i dati che arrivano dalla curva del contagio lo consentiranno si potrà tornare alle modalità consentite prima di quest’ultimo lockdown. Di certo non ci potranno essere tavolate da cento persone: almeno fino all’autunno feste come ad esempio compleanni e matrimoni dovranno essere morigerate nella partecipazione e nell’ambientazione. Solo nella tarda primavera capiremo invece se e come si potrà procedere all’apertura degli stadi per eventi di massa come partite e concerti. Ci auguriamo che la curva migliori, ma non potrà accadere in poche settimane anche perché c’è l’incognita dell’onda lunga della seconda ondata: non sappiamo cosa accadrà dal 7 gennaio con la riapertura delle attività produttive e delle scuole. I locali scolastici non rappresentano il luogo di infezione, sono in sicurezza come lo erano anche alla riapertura in autunno, ma quello che succede all’ingresso e all’uscita, così come sui mezzi di trasporto, può creare problemi ed è lì che guardiamo con preoccupazione.

Il vaccino contro il Covid-19 è arrivato a tempo di record e questo ha sollevato più di un dubbio sulla sua sicurezza. Com’è stato possibile arrivare così velocemente a questo risultato?
La gente spesso dimentica che le tecnologie, soprattutto in genetica ma anche in immunologia e medicina, variano di semestre in semestre, alcune di mese in mese, e quello che non c’era magari due anni oggi invece è a disposizione. Gli stessi esperti non avevano le conoscenze che hanno adesso. La tecnologia avanza e ci consente di fare, come in questo caso, in otto mesi quello che in precedenza si faceva si faceva in otto anni. Il risultato è dovuto anche al fatto che per la prima volta sono stati tagliati i lacciuoli burocratici che rallentavano le pratiche di accreditamento di vaccini, pratiche che duravano mesi e sono invece state risolte in pochi giorni con le commissioni che hanno lavorato giorno e notte.

La pandemia ha stravolto la quotidianità a cui per anni siamo stati abituati. C’è qualcosa che non tornerà più alla cosiddetta normalità, dopo questa esperienza?
Sarebbe utile continuare a pianificare costantemente ciò che si fa nella propria vita: non vedo lavori che non si potranno più fare, ma il fatto che in questi mesi si sia fatto ricorso allo smart working probabilmente ne trasformerà alcune modalità, cercando di non avere ambienti di lavoro affollati e utilizzando i mezzi di trasporto in maniera più attenta. Mi aspetto che ci sia più attenzione anche nei rapporti sociali: quando c’è il sospetto che qualcuno possa essere malato, anche per un’influenza, non ci dovrebbero più essere quegli abbracci e quei baci che mettono a rischio le persone. Dal punto di vista personale, abbiamo imparato pratiche di sicurezza, igiene, cliniche, virologiche e terapeutiche diverse e tutto questo rimarrà come bagaglio culturale. Ma quello che deve passare è un messaggio di serenità: la vita ritornerà come era prima, anche se dobbiamo essere consapevoli che questo sarà possibile solo quando saremo in piena sicurezza.

È importante che tutti si sottopongano alla vaccinazione? Anche chi soffre di altre patologie dovrebbe farlo?
Assolutamente sì, abbiamo visto che i pazienti critici, nel caso vengano colpiti dalla patologia, hanno serie difficoltà nel superarla. La categoria che dovrà essere supervalutata prima della somministrazione è quella degli immunodepressi, come ad esempio i pazienti oncologici in chemioterapia: lì servirà una valutazione da parte dell’oncologo su come procedere. La storia delle vaccinazioni ci ha ampiamente insegnato chi vaccinare e chi no: in base alle stime c’è un 3% della popolazione che non risponde alla vaccinazione e rimane esposto all’infezione e un 5% che non può essere vaccinato per patologie particolari. Per proteggerli è necessario creare il cordone sanitario dell’immunità di gregge e dobbiamo farlo rapidamente per non permettere al virus di mutare e di rendere inefficace l’azione del vaccino che stiamo proponendo. Avere dei dubbi è legittimo, ma non devono costituire un ostacolo alla vaccinazione una volta ottenute le spiegazioni del caso: in questo senso è possibile rivolgersi al proprio medico di fiducia o agli specialisti, che ognuno per la propria parte potranno fornire delucidazioni, ma per avere risposte si può fare riferimento anche al sito dell’AIFA, dove si trovano risposte chiare alle 30 domande più frequenti sulle vaccinazioni.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 30 Dicembre 2020
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