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“Naviga” durante il funerale: l’articolo non diffama il parroco

Non è diffamatorio l'articolo del quotidiano che, con tanto di video, "taccia" il parroco di navigare sul web durante la celebrazione di un funerale

L'occhio del Grande Fratello non risparmia nessuno. Neanche i preti. Come nel caso di un sacerdote 60enne "pizzicato" nel 2015 dai parrocchiani a navigare sui social durante la celebrazione di un funerale. Smartphone alla mano, i fedeli avevano ripreso la scena, e il video era finito sulle pagine di un quotidiano online come "prova" a sostegno «di un articolo non firmato nel quale si attribuiva a (omissis) la consultazione di social network o comunque di contenuti in rete per fini privati nel corso della celebrazione di un funerale».

Per il parroco, oltre al danno la beffa. Il G.U.P. del Tribunale di Roma, infatti, non ha preso in considerazione la ricostruzione del 60enne secondo il quale lo smartphone sarebbe stato usato per leggere un testo sacro riferito alla funzione, ma ha dichiarato il «non doversi procedere per insussistenza del fatto in ordine al reato di diffamazione» nei confronti del direttore responsabile e del condirettore del quotidiano. Secondo il giudice capitolino, infatti, a fare "da scudo" alla condotta ci sarebbe stata la scriminante (causa oggettiva di esclusione della configurabilità di un reato e quindi della sua punibilità, ndr) del diritto di cronaca: nell'articolo, infatti, si dava voce a quella che era effettivamente stata la percezione dei fedeli, ovvero che il parroco stesse usando lo smartphone per navigare sul web.  

E il sacerdote non ha avuto migliore fortuna davanti alla quinta sezione penale di Piazza Cavour. Davanti agli Ermellini il 60enne ha cercato di far valere un vizio di motivazione della sentenza del giudice capitolino, "reo" di aver male utilizzato una massima di esperienza secondo la quale la gestualità del prete sarebbe stata tipica della navigazione sui social: dal video, infatti, secondo il ricorrente, sarebbe risultato solo che il parroco guardava lo smartphone e ne scorreva lo schermo mentre pronunciava le formule di rito, «circostanza compatibile con l'uso del dispositivo per la lettura di un testo sacro».

Non così secondo il Palazzaccio, che ha accolto la tesi del Tribunale di Roma secondo la quale «il non identificato autore dell'articolo incriminato si era limitato a riportare quanto riteneva oggettivamente percepibile dai fedeli che assistevano alla cerimonia, per come riprodotta anche nel video allegato». E in particolare, come ha ricordato anche la Suprema Corte, la circostanza che il parroco stesse consultando lo smartphone «con la caratteristica gestualità del rapido scorrimento manuale dello schermo, tipica della consultazione di messaggi ed altri contenuti similari in rete, ed invece incoerente con la lettura di un testo sacro». Insomma, un quadro sufficiente a far pensare a chi assisteva alla celebrazione delle esequie che il sacerdote fosse impegnato in un uso privato del dispositivo nel corso della cerimonia

La Cassazione, peraltro, ha rispedito al mittente il ricorso del parroco anche perchè «secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, il direttore di un periodico online non può essere ritenuto responsabile per l'omesso controllo sul contenuto delle pubblicazioni ai sensi dell'art. 57 cod. pen., (reati commessi col mezzo della stampa periodica, ndr) titolo ascritto agli imputati in questo procedimento».

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 22 Febbraio 2018
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