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Il “vocabolario” di don Fabio Viscardi: Solitudine

Inizia oggi una collaborazione con il decano di Legnano, attento osservatore della nostra quotidianità. Riflessioni per una sorta di ‘vocabolario’ di queste settimane strane e un po’surreali

[pubblicita]Inizia oggi, giovedì 19 marzo, una collaborazione con don Fabio Viscardi, decano di Legnano, attento osservatore della nostra quotidianità. In queste riflessioni che proporremo, il nostro amico sacedote, svilupperà concetti legati al periodo del covid-19. Una sorta di ‘vocabolario’ di queste settimane strane e un po’surreali. Incominciamo con un pensiero dal titolo "Solitudine"


Una delle immagini (negative) che rimarranno di queste strane settimane è senz’altro quella dei funerali. Poche persone radunate sul piazzale della chiesa, a debita distanza gli uni dagli altri; una veloce preghiera, la benedizione della salma e poi di fretta lungo strade semi deserte verso il luogo della sepoltura. Inutile rimarcare i casi dove una forzata quarantena costringe all’assenza persino i parenti più stretti.

Manca il conforto di un abbraccio, la consolazione di un bacio, l’incoraggiamento di una mano che carezza il volto e asciuga una lacrima. E così un rito che dovrebbe in qualche modo aiutare l’elaborazione del lutto finisce per aggiungere tristezza a tristezza.

Soprattutto si esaspera quel senso di solitudine che ogni morte porta con sé e che per altro in qualche modo ci accompagna lungo tutta la vita. Perché si nasce da soli e si muore da soli. Perché il venir meno di una persona lascia tracce del tutto diverse negli amici e nei parenti; in fin dei conti si resta tutti un po’ più soli. Viene nostalgia e rimpianto delle prime parole che Dio rivolge all’uomo dopo averlo plasmato con polvere e fango: «non è bene che l’uomo sia solo» (Gn 2,18).

Già, non è bene. Eppure è una sensazione che in qualche modo un poco tutti respiriamo in queste tribolate settimane. Chi come il prete era abituato a vivere di relazioni, adesso vede la canonica trasformarsi in una sorta di romitaggio. All’insegnante mancano quegli studenti rumorosi e confusionari di cui magari fino al giorno prima si lamentava. Lo smart working alla lunga stanca e a volte rimpiangiamo persino quei treni dove si faticava a salire per la ressa dei viaggiatori.

 E il pensiero corre a chi anche nel “bel tempo antico” si ritrovava la solitudine come quotidiana compagna di viaggio. Per l’età, la malattia, il tramonto di una storia d’amore… Senza contare chi per carattere o per le vicende complicate della vita si ritrova senza amici con cui condividere almeno il piacere di una telefonata.

Eppure proprio in queste surreali settimane sembra di intuire il germinare di un desiderio di relazioni più vere. Dopo l’inverno di forzate distanze, ecco (forse) la primavera di un modo nuovo di stare insieme.

Viene alla mente il primo ministro giapponese che, un mese dopo il devastante terremoto e maremoto del 2011, ringraziava per gli aiuti ricevuti rimarcando l’ideogramma “kizuna” (legàmi): “ciò che ci ha salvato sono i forti legami tra di noi”.

È purtroppo presto per dire quando usciremo da questa situazione. Di certo oggi e domani a salvarci saranno i legami tra le persone.

È troppo presto per dire come sarà la chiesa italiana dopo questo spartiacque, se avremo maggiore o minore frequenza ai nostri riti. La speranza è quella di veder fiorire una comunità cristiana più fraterna.

don Fabio

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 19 Marzo 2020
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