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La ‘ndrangheta sui parcheggi di Malpensa: 34 arresti tra Legnano e Lonate

Corsa all'acquisto di terreni per i posti auto da parte della "locale" di Legnano e Lonate Pozzolo - Due parcheggi sotto sequestro - In carcere anche Vincenzo Rispoli.

La stretta della 'ndrangheta sui parcheggi di Malpensa, due dei quali (il Parking Volo Malpensa e il Malpensa Car Parking) sotto sequestro dallo scorso giovedì 27 giugno su disposizione del GIP del Tribunale di Milano: è una vera e propria corsa all'acquisizione di terreni per la realizzazione di posti auto – soprattutto visto il momento storico, con l'aeroporto di Linate che sta per essere chiuso per quattro mesi – quella ricostruita dagli inquirenti nell'ambito delle indagini che nella mattinata di giovedì 4 luglio hanno portato al maxi blitz coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, con 34 arresti.

Tra chi è finito in carcere anche il legnanese Vincenzo Rispoli, Emanuele De Castro e Mario Filippelli, esponenti apicali della "locale" di Legnano e Lonate Pozzolo che aveva ripreso ad operare nelle stesse modalità di sempre dopo lo loro scarcerazione tra il 2015 e il 2017, a dieci anni dalle inchieste "Infinito" e "Bad Boys".

Solo che, questa volta – e per la DDA si tratta di «un segnale eccezionalmente positivo» – un imprenditore ha denunciato: all'uomo era stato intimato di astenersi dall'acquisizione di un terreno per la realizzazione di un parcheggio, o in alternativa di coinvolgere il sodalizio. «Io non mi piego e vado avanti», è stata la risposta dell'imprenditore coraggio, al quale gli stessi inquirenti avevano sconsigliato di continuare nell'attività di ricerca del terreno.

Il maxi blitz contro la 'ndrangheta è scattato alle prime luci dell'alba, con un'operazione che ha coinvolto più di 400 carabinieri tra otto province, con unità speciali, cinofili ed elicotteri. Tra i 34 destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare (32 italiani, un marocchino e una romena), 27 sono finiti in carcere, mentre per sette di loro sono scattati gli arresti domiciliari. Ampio il ventaglio di reati contestati, a vario titolo, dagli inquirenti: associazione di tipo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, estorsione, violenza privata, lesioni personali aggravate, minaccia, detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (che sarebbero stati commessi con l'aggravante del metodo mafioso, per agevolare le attività di associazione mafiosa), truffa aggravata ai danni dello Stato, intestazione fittizia di beni e accesso abusivo a un sistema informatico o telematico.

Le indagini sono partite ad aprile 2017 ed hanno permesso di accertare che l'organizzazione era riuscita ad infiltrarsi negli apparati istituzionali e manteneva rapporti con le locali di Cirò Marina e quelle lombarde. Non solo: dall'inchiesta sono emersi, ancora una volta, i tratti tipici dell'organizzazione criminale.

Come la ricerca del consenso sociale, con un capomafia che in un'intercettazione si preoccupa di un pestaggio in piazza di una persona anziana ad opera della manovalanza, temendo che potesse gettare discredito sull'organizzazione mafiosa. O la diffusione capillare del fenomeno, con uno dei capi che, in un'altra intercettazione, sottolinea che «ogni paese ha una 'ndrangheta» e la gente "comune" che si rivolge agli 'ndranghetisti per il recupero dei crediti e per controversie varie, addirittura per questioni sentimentali. Insomma, la 'ndrangheta come sempre si muove in funzione "anti-Stato", fino al punto di fare da paratribunale.

[pubblicita]Dall'inchiesta è emerso anche il coinvolgimento della politica locale, con le giunte dei Comuni di Lonate Pozzolo e Ferno considerate dagli inquirenti espressione della capacità del gruppo criminale di veicolare voti. Dalle dichiarazioni rese dall'ex sindaco di Lonate Pozzolo Danilo Rivolta, infatti, è emerso un controllo pregnante, testimoniato dall'ammissione dello stesso ex primo cittadino di aver ricevuto un forte supporto elettorale, quantificato in un pacchetto di 300 voti, barattati con la nomina della nipote dell'ex capo della "locale" ad assessore alla cultura. Nomina poi effettivamente avvenuta, con la donna che, peraltro, successivamente si era astenuta dal partecipare ad un evento incentrato sulla legalità.

Tra i fermati anche un consigliere comunale di Fratelli d’Italia, dipendente del comune di Lonate Pozzolo, accusato dai magistrati di essere il legame tra l’ambiente politico locale ed esponenti di spicco della cosca mafiosa, e un consulente della Procura della Repubblica di Busto Arsizio. Oltre a chi gestiva i parcheggi seqeustrati la scorsa settimana.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 04 Luglio 2019
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