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Cerimonia caduti Grande Guerra: l’intervento del sindaco Fratus

Italia e Romania chiamati a essere custodi attenti della loro conquista più preziosa, quella della pace e della democrazia

Nel porgere il mio saluto alle autorità civili, militari e religiose oggi presenti, desidero ringraziare la sezione locale dell’Associazione del Fante che, con la collaborazione del Comune, di Associarma Legnano, del Consolato Generale di Romania ha reso possibile questa commemorazione.

Credo che oggi sia importante rendere omaggio al sacrificio di tutti i militari che riposano qui. Ma anche sottolineare il valore di una decisione. Quella presa 100 anni fa e che portò alla sepoltura di soldati romeni, dunque arruolati dall’Impero austroungarico, proprio in questo luogo.

Si trattava con ogni probabilità di prigionieri di guerra che non sopravvissero alle ferite e al contagio della febbre spagnola. Le autorità locali avrebbero potuto dare una sepoltura degna a quei militari ma senza accostarli ai nostri caduti, ponendoli in qualche luogo anonimo, privo di solennità. Scelsero, invece, che cinque soldati romeni riposassero vicino agli italiani.

Grazie a quella decisione, l’ossario di Legnano offre un’occasione che di solito si ha nei sacrari del Friuli, del Veneto e in generale delle zone vicine a quelli che furono i teatri di battaglia. L’occasione di riflettere sull’esperienza di coloro che vissero la prima guerra totale della storia.

Generazioni divise dai confini, separate dal filo spinato, schierate in trincee contrapposte. E al contempo accomunate dalla fatica, dai disagi, dalla malattia, dalla paura, anche dal coraggio e dall’amor di patria, in una parola da tutto ciò che inevitabilmente gli eventi bellici generano.

Non era scontato che, nell’immediato dopoguerra, si attribuisse un simile riconoscimento a soldati che fino a poco tempo prima erano nemici, prigionieri a cui negare la libertà. A Legnano il conflitto aveva distribuito lutti in tante famiglie: poco meno di 500 caduti, anche giovani o giovanissimi, anche ragazzi del ’99. A Legnano, come nel resto d’Italia e in Europa, ardevano i focolai del dolore e della perdita. Non solo, il nazionalismo, la nascita del fascismo, il concetto di vittoria mutilata: il contesto ideologico, culturale e politico non favoriva il superamento di ciò che la popolazione aveva appena vissuto.

Eppure tutto questo, evidentemente, non impedì di riconoscere dignità umana e militare ai morti dell’opposto schieramento.

Mi piace pensare che a Legnano questi militari, questi ragazzi non abbiano ricevuto solo una degna sepoltura ma, pur nelle condizioni difficili determinate dalla guerra, anche cure, una parola di conforto, una preghiera per loro e per i loro cari.

Le Nazioni non seppero trarre il giusto insegnamento dall’inutile strage. L’Italia e la Romania, che proprio nel 1918 vissero la cosiddetta “Grande unione”, iniziarono percorsi sui cui non mancarono, con modi e tempi diversi, nuovi conflitti e privazioni della libertà. Oggi, però, i due Paesi sono chiamati a essere custodi attenti della loro conquista più preziosa, quella della pace e della democrazia. I caduti che riposano qui, italiani e non, lo esigono.

Gianbattista Fratus, sindaco di Legnano

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 13 Maggio 2018
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