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25 aprile: l’intervento di Luigi Botta, presidente Anpi

"Oggi noi ricordiamo quegli eventi non per una rimpatriata simbolica di tipo nostalgico e trionfalistico ma perché da quegli eventi è rinata la nostra Italia...

Sulla neve bianca bianca
una macchia color vermiglio
il sangue, il sangue di mio figlio
morto per la libertà.
Quando il sole la neve scioglie
un fiore rosso vedi spuntare:
o tu che passi, non lo strappare,
è il fiore della libertà
Quando scesero i partigiani
a liberare le nostre case
sui monti azzurri mio figlio rimase
a far la guardia alla libertà.

Nella lirica di Gianni Rodari cogliamo appieno il significato del 25 aprile.

Oggi noi ricordiamo quegli eventi non per una rimpatriata simbolica di tipo nostalgico e trionfalistico ma perché da quegli eventi è rinata la nostra Italia e su di essi poggiamo le fondamenta della nostra Repubblica democratica.

L’insurrezione dell’aprile del ’45 e la Liberazione che l’ha coronata hanno segnato la fine della fase militare della Resistenza, la conclusione della lotta armata iniziata nel settembre del 1943. Grazie ad essa abbiamo riconquistato la libertà, la nostra dignità di uomini liberi, la dignità di libera nazione per il nostro Paese.

La Resistenza contro la dittatura fascista e contro l’occupante nazista fu resa possibile dalle grandi forze popolari che seppero trovare la loro unità e seppero coinvolgere tanti italiani. Uomini e donne di diverso credo politico e religioso, di tutte le classi sociali, delle diverse professioni. Molti religiosi e sacerdoti dei vari Ordini.

La Resistenza venne combattuta da oltre 250 mila partigiani, donne e uomini che lottarono clandestinamente nelle città, che sopravvissero per due inverni sulle montagne e poterono operare solo grazie alla solidarietà di tante persone che li aiutavano e sostenevano.

La Resistenza fu sorretta dall’esempio degli oltre 600 mila militari italiani inviati nei campi di concentramento nazisti perché si rifiutarono di arruolarsi nella Repubblica fascista delle Brigate nere di Salò. Vi morirono in 50 mila.

Resistenza fu la scelta di una parte dell’ Esercito italiano di schierarsi con gli alleati, con loro combattendo per cacciare al Nord il tedesco occupante. Ricordiamo qui il gruppo di combattimento “Legnano” costituitosi per primo e che per primo sconfisse i tedeschi a Mignano Montelungo.

Resistenza fu l’orribile massacro dei 10.260 nostri soldati a Cefalonia, i 59 mila partigiani, i 37 mila militari delle diverse armi, morti combattendo i nazifascisti, i 26 mila civili, donne, vecchi, bambini trucidati per rappresaglia coi loro parroci sul sagrato delle chiese. Le cascine, i borghi dati alle fiamme dai tedeschi e dai brigatisti neri in ritirata.

Resistenza furono i lavoratori che nel ’43 e ’44, con gli scioperi, diedero vita alle più grandi manifestazioni di massa mai viste in territori occupati dai nazisti, assestando un colpo decisivo al fascismo, rendendosi protagonisti del destino del nostro Paese.

Le testimonianze delle torture, delle fucilazioni, delle impiccagioni, la sofferenza del popolo tutto. E gli episodi terribili di partigiani che, invece di combattere il comune nemico, a volte si uccidevano tra loro ed i sussulti di rabbia che portarono ad altre morti, spesso ingiustificate.

Anche questo fu Resistenza. Un’epopea grandiosa, mondi incredibili, commoventi, straordinari, mondi generosi e severi, a volte crudeli. Che fanno riflettere, pensare, ricordare.

Riflettano su tutto questo i detrattori della Resistenza e della Lotta armata di Liberazione. Coloro che la Resistenza la vogliono rimaneggiare, revisionare.

Il valore della Resistenza: Valga rileggere l’intervento integrale che Alcide De Gasperi pronunciò alla Conferenza di pace di Parigi il 10 agosto 1946.

“… sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me…” Così inizia De Gasperi. E avverso il trattato che i Paesi vincitori avevano già stilato e che penalizzava enormemente l’Italia, De Gasperi giocò l’unica carta in suo possesso: la Resistenza e la Lotta di Liberazione, che consegnarono il Nord Italia libero agli Alleati che avanzavano. Molti articoli di quel trattato vennero cancellati e modificati e l’Italia non fu divisa ed occupata dalle quattro potenze con lo furono la Germania e l’Austria. I debiti di guerra furono ridotti al minimo. L’Italia fu considerata cobelligerante.

Da Lotta di Liberazione è nata la nostra Costituzione. Una Carta che sancisce per tutti uguali doveri e diritti, che ci fa cittadini e non plebe. Valori di libertà, di giustizia sociale, di onestà verso gli altri e se stessi, del diritto al lavoro che consegni dignità al cittadino, di speranza per i giovani, di serenità per chi ha concluso la sua esperienza di lavoro, di condanna dei furbi che danneggiano la collettività. Avversità ad ogni forma di fascismo sia esso palese che camuffato da nuove facciate. Una Costituzione che ancora deve essere appieno realizzata ma che sicuramente va difesa nei suoi principi fondamentali.

Negli scorsi anni abbiamo ricordato in questa piazza i Legnanesi che operarono, sacrificarono la loro vita nella Resistenza e nella deportazione. Un pensiero quest’anno lo voglio dedicare ai caduti della Canazza e lo faccio ricordando un nome in memoria di tutti: Oreste Parravicini. Abitava al 26 di via Bramante, io al numero 28. Ricordo quel giorno: la gente si era ammassata davanti al portone

del Parravicini ed una donna in mezzo a loro gridava il suo dolore. Era la moglie. Non ricordo il suo nome perché, come spesso usava allora, era conosciuta come “la sposina”. Parravicini aveva una figlia, di qualche anno più giovane di me.

Oggi, al cimitero di via Magenta, al campo dei partigiani verrà scoperta una lapide in memoria di tre cittadini che tanto fecero per la Resistenza: Don Carlo Riva, don Francesco Cavallini ed il dr. Ezio Tornadù. Ne leggo brevemente il ricordo, sintetizzato da una ricerca fatta dalla nostra associata Renata Pasquetto. Un atto doveroso ma che dona loro una seppur tardiva memoria.

Giuseppe Colzani, partigiano, ha scritto nelle sue memorie:

“ Una volta, avevo 17 anni, ed ero quasi a forza partigiano. Trovammo nel perlustrare una cantina due fascisti che conoscevamo: senza armi erano come scatole vuote e noi due morti in più non li volevamo. Così li aiutammo a sparire a calci nel sedere. Ma poi, anni dopo, uno lo incontrai che aveva una bambina. Ci guardammo e lui indicando la figlia mi disse: ti devo la mia vita e lei. Ed io pensai che, se avesse vinto lui la guerra, non ci saremmo stati né io né i miei figli.”

Buon 25 aprile a tutti.

Luigi Botta, presidente ANPI Legnano

Redazione
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Pubblicato il 25 Aprile 2014
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