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Il racconto del dottor Del Bene: da Legnano al Kenya per portare speranza

In questa pagina di diario si legge "Operabile, non più operabile quindi disabilità perenne, vita condizionata da stampelle e sedia a rotelle. Una sentenza definitiva in quel luogo, inappellabile". Da qui la Fondazione War Children Hospital

Generico 30 Jun 2025

Una pagina di diario scritta dal dottor Massimo Del Bene, medico legnanese luminare della chirurgia della mano, che descrive lo spaccato di una missione umanitaria in un posto di guerra, ossia, in Kenya. In questo racconto il chirugo ci porta con sé in un viaggio intenso e toccante. Una narazione che lui ha voluto condividere pubblicamente per spiegare le motivazioni che lo hanno portato a realizzare la Fondazione War Children Hospital. Realtà voluta per aiutare i bambini di tutto il mondo, vittime di conflitti e guerre, a ricevere le cure e i trattamenti di cui hanno bisogno. Di seguito il racconto 

La jeep della Toyota è già in attesa fuori da l’hotel. I tempi africani sono dilatati. È mattina e tutto si svolge con una certa lentezza. Il team di nazionalità diverse sale sulla jeep scambiandosi un semplice saluto del buongiorno. Celestino, il fisioterapista Keniota che oramai da tanti anni vive a Mekelle è il più anziano del gruppo. Di corporatura minuta ci spiega durante il breve tragitto per arrivare in ospedale come muovere le spalle imitandone i balli locali. Gli altri componenti sono già seduti in attesa. Medilyn la responsabile del team di origine filippina, sorridente, con un inglese fluente ci ricorda che oggi alle 14 ci sarà il briefing settimanale sui “critical point”. Paul, come al solito si siede davanti di fianco all’autista. La sua una vita intensa, complessa. Di origini francesi. Studi in Italia, ex paracadutista, ex judoca, viaggiatore in luoghi estremi in solitario. Ortopedico esperto, amante della vita ma soprattutto della vita degli altri. E questa propensione verso gli altri lo ha condannato per decenni ad essere presente in molti teatri di guerra ed ad operare in condizioni estreme.

Sottoponendolo ad uno stress psicologico che traspare soltanto dai suoi racconti nei momenti di pausa. E dalla sua passione e capacità di trasmettere il suo passato attraverso la fotografia, testimonianza di tutta la sua vita. Gli altri componenti del team, un anestesista spagnolo solitario, di poche parole e due infermiere norvegesi abituate a lavorare in reparti disastrati senza nessuna pulizia. Nel briefing mattutino una di esse ha raccontato come in una mattina al risveglio una donna senza sensibilità nella gamba si sia accorta che il suo piede era stato più volte morsicato da un topo, evenienza non così rara in quei reparti dell’ospedale militare. Infine un italiano chirurgo plastico e due locali, l’autista e un infermiere completavano il gruppo. In quel piccolo mondo rappresentato dentro quella jeep in attesa di partire verso l’ospedale. Immerso in un silenzio rassegnato c’era la volontà di medicare un’umanità che aveva vissuto una guerra recente testimoniata dalle ferite ancora da trattare nonostante fossero trascorsi due anni dalla fine delle ostilità. Ai morti era stato dedicato un enorme mausoleo a ricordo del martirio. I feriti più di 1500 oggi quasi tutti ventenni erano stati stipati nell’ospedale militare fatiscente, senza servizi igienici e con pochi presidi sanitari, dalla fine della guerra. Un peso ingombrante per la comunità come rifiuti su una spiaggia dopo una tempesta, di cui nessuno vuol farsene carico. La jeep con il suo carico umanitario lentamente si avvia verso l’ospedale, dapprima su delle strade asfaltate percorse da un traffico caotico quasi festante con ai bordi delle scolarese vestite tutte dello stesso colore. Retaggio di un passato coloniale. Per poi raggiungere una strada piena di buche senza asfalto con ai lati case fatiscenti fino all’ingresso dell’ospedale militare.
Una costruzione bassa, estesa, probabilmente risalente all’epoca del regime di Menghistu, con ampi corridoi esterni ed interni affollati da giovani in un turbinio di stampelle, sedie a rotelle come simulacro di una autonomia di movimento perduta da diverso tempo.
Occhi scuri dovunque, con sguardi profondi. Occhi che indagano ogni novità da ogni fessura, dalle finestre, nei corridoi. Nel silenzio assoluto. Nelle lunghe giornate infinite. Ragazzi feriti di appena vent’anni che aspettano da due anni la soluzione ognuno del proprio problema.

Il bianco della pelle, il rosso della croce, sono colori di speranza, in quei corridoi dove il tempo assume un significato diverso al di qua del cancello, rispetto all’esterno dell’ospedale. La concentrazione di stampelle, ortesi, sedie a rotelle raggiunge l’apice fuori dell’ambulatorio visite che di fatto ha solo il nome. Una porta sgangherata con i vetri offuscati da una mano di vernice marrone, appena sufficiente ad impedire che gli occhi scuri possano vedere cosa succede all’interno della stanza. Il bianco ed il rosso comodamente seduti nella stanza visitano, guardano, si esprimono. In una lingua incomprensibile per gli occhi scuri. I traduttori si affannano per rendere comprensibile alla fine il giudizio finale sul futuro. Operabile, non più operabile quindi disabilità perenne, vita condizionata da stampelle e sedia a rotelle. Una sentenza definitiva in quel luogo, inappellabile. Non sarebbe così in un ospedale attrezzato con la possibilità di poter effettuare una normale strategia chirurgica. Più specialisti disponibili, sterilità garantita, interventi chirurgici correttivi nell’arco di un tempo definito che può variare a secondo dei tempi biologici di guarigione. Tempo di guarigione non condizionato come in una missione umanitaria a tempo determinato. Altri oltrepassano a turno la porta dell’ambulatorio. In quei pochi minuti si concentrano due anni di speranza di una gioventù negata dalla guerra. I colori, guardano ancora una volta, valutano, chiedono, toccano le articolazioni, sollevano bende sporche già troppe volte usate e mai cambiate con vistose macchie di sangue. E alla fine sentenziano.

Il capannello fuori all’aperto non accenna a diminuire. Quella porta assume un significato molto importante. La fine della prigionia in un ospedale fatiscente, la guarigione, il ritorno alla vita. Oppure il ritorno nelle corsie senza perdere la speranza che in futuro altri colori possano affacciarsi in quei corridoi ed esprimersi in modo favorevole sul loro futuro. Chi ha avuto il responso si mescola tra chi deve essere ancora visitato. Gli occhi scuri parlano tra di loro, chi ha le stampelle si adagia ad un muro stanco dell’attesa. La giornata si sta esaurendo in un tramonto africano rosso fuoco. I corridoi dell’ospedale dai muri sporchi e scrostati assumono un altro aspetto. Come una tavolozza, dove un pittore si sia divertito a miscelare le varie tonalità dal rosso carminio fino all’arancione. Anche gli occhi scuri al loro passaggio vengono avvolti dai colori diventando personaggi di un quadro di arte contemporanea naturale che si ripete ogni giorno. Il cielo basso avvolge tutto, uomini e case, come una soffice coperta che unisce speranze e soluzioni rimandando al domani un’altra possibilità in attesa ancora una volta davanti alla porta sgangherata, dietro la quale si deciderà il destino dei giovani soldati. I colori finito il loro lavoro aprono la porta e si fanno largo tra i ragazzi adagiati sulle sedie a rotelle, malfermi sulle stampelle, cercando di evitare i loro sguardi in particolare quegli occhi scuri ai quali è stata espressa una condanna definitiva di disabilità perenne alla loro giovane età. È il momento emotivamente più pesante e non evitabile della giornata.
Dottor Massimo Del Bene

Per maggiori info e donazioni
Fondazione War Children Hospital sito: https://www.warchildrenhospital.com/
IBAN: IT63q0503420211000000105096

https://www.legnanonews.com/salute/2025/07/01/a-legnano-nasce-la-fondazione-war-children-hospital-per-curare-i-bambini-vittime-di-guerra/1339906/

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
Noi di LegnanoNews abbiamo a cuore l'informazione del nostro territorio e cerchiamo di essere sempre in prima linea per informarvi con attenzione.
Pubblicato il 01 Luglio 2025
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