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Ha gli anticorpi del virus ma rimane in quarantena: «Senza tampone, quando tornerò al lavoro?»

A denunciare una situazione di incertezza sul percorso da seguire dopo una malattia per sospetto covid, è Marco, residente a Cerro Maggiore

Scopre, solo dopo avere eseguito il test sierologico, di avere gli anticorpi del virus (e quindi di averlo contratto) ma, senza avere eseguito il tampone, non ha la certezza di non essere più positivo, nonostante l'assenza di sintomi da due settimane. Così il datore di lavoro lo "rimette" in quarantena volontaria. A denunciare questa situazione di incertezza sul percorso da seguire dopo una malattia per sospetto Covid è Marco, residente a Cerro Maggiore, impiegato in una azienda di logistica della provincia di Varese che non ha mai chiuso in quanto il settore in cui opera è considerato essenziale.

[pubblicita]I primi sintomi per lui arrivano il 16 marzo: con 38 di febbre, il medico curante gli prescrive tachipirina e due settimane di malattia. Nei giorni successivi, oltre alla febbre, Marco accusa l'assenza di gusto e di olfatto. Stessi sintomi per la sua compagna, al settimo mese di gravidanza. Allarmato, ricontatta il medico, il quale lo rimanda al numero verde di Regione Lombardia: nonostante la gravidanza, a nessuno dei due pazienti viene effettuato il tampone.

Dopo circa 10 giorni i sintomi scompaiono del tutto, Marco richiama il call center di Regione che gli conferma di potersi ritenere guarito essendo passati i "famosi" 14 giorni dalla scomparsa dei sintomi: «A questo punto – racconta Marco in una lettera inviata alla nostra redazione – comunico la possibilità di rientrare a lavoro alla mia azienda, la quale però, non avendo la sicurezza che io fossi del tutto guarito non essendo stato sottoposto al tampone, mi richiede di stare una ulteriore settimana a casa, questa volta in ferie, e successivamente d'accordo con me mi prescrive, tramite il medico aziendale, un esame sierologico in un centro medico specializzato». 

Il test risulta positivo agli anticorpi IGG/IGM del Covid19, ma anche in questo caso non è prevista la possibilità di effettuare il tampone, attualmente l'unico sistema autorizzato che certifica se una persona è ancora positiva al virus: «Ancora una volta – spiega Marco – il datore di lavoro, non avendo la sicurezza che io non sia più infettivo, mi chiede, giustamente, di ricontattare il mio medico per richiedere la quarantena volontaria». Marco in questi giorni è ancora a casa in malattia, con due grandi interrogativi: «Quando potrò tornare a lavorare?». E ancora: «Non sarebbe opportuno aprire una fase 2 con esami sielogici su base volontaria per le persone che come me hanno contratto il virus in forma lieve e che non hanno fatto il tampone?». Quesiti che Marco pone alle autorità competenti, in attesa che il test sierologico venga validato dall'Istituto Superiore della Sanità. 

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 17 Aprile 2020
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