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Mabi Capocasa: “Ricordare aiuta anche a costruire o a ricostruire il futuro”

legnano generica

10 Novembre 2020

Mabi Capocasa rappresenta un punto di riferimento importante nell’ambito socio-assistenziale legnanese. Il suo impegno si esprime in vario modo nella nostra quotidianità. Oggi, dopo una lunga riflessione, ha deciso di rendere pubblico uno scritto con diversi pensieri personali, riferiti a un passato che riporta attuali personaggi (compreso papà, il dottor Celso Capocasa,, primario del Sanatorio cittadino) che hanno fatto la storia della sanità locale. Spiega Mabi: «Ho trovato motivazione per questo testo dal volto sorridente e positivo del prof. Mazzone, intervistato dalla Rai nel suo ricovero ospedaliero. E’ l’immagine che dobbiamo dare alla nostra volontà di reagire a questo momento critico».


Credo che riportare alla luce questo scritto, che a sua volta riporta alla Legnano di ieri , sia importante e significativo di questi tempi. Credo poi di doverlo a due medici, che hanno fatto parte della mia vita e che forse la Legnano di oggi ha dimenticato ma ai quali dobbiamo sicuramente almeno la memoria. Mio padre ed il dott.Augusto Gilardi, autore di uno scritto, dal quale estrapolo alcune frasi, dopo che mio padre ci aveva prematuramente lasciati. Allora il Ministero della Salute riconobbe le cause di servizio , oggi lo potremmo aggiungere all’elenco dei medici che si sono sacrificati per il covid , allora da pneumologo tisiologo e radiologo quale era non risparmio’ un giorno della sua vita di medico fino ad incontrare una forma collaterale e subdola per la quale si fece da solo la diagnosi ed il tentativo di cura non essendoci molto a disposizione. Mio padre fu assunto dall’Istituto ILA nel 1936 , quando era primario il prof. Mario Redaelli , allievo di Carlo Forlanini, medico scienziato milanese, per diventarne poi primario e direttore dopo il prof. Redaelli.

Cosi scrive il dott. Gilardi :”Nel 1946, dopo tanti anni di servizio militare ( ero ufficiale medico di artiglieria a cavallo) arrivai a Legnano ansioso di rovesciare la mia passione per la medicina nell’esercizio della professione nel ramo in cui stavo specializzandomi. In Sanatorio trovai il dott. Celso Capocasa, marchigiano, cordiale e brillante, che divenne poi primario e tra noi si strinse subito un buon legame di stima e di amicizia , che andò consolidandosi con gli anni. In Sanatorio si lavorò appassionatamente , anche in condizioni eroiche, perché le forme di tubercolosi , che colpivano i pazienti erano sempre assai gravi e i mezzi per curarle erano allora relativi, anche precari .E le possibilità di contagio erano presenti anche per il personale curante. Era malattia con alta mortalità , ancora più crudele , perché colpiva soprattutto i giovani. Ma in Sanatorio si riscontravano tante guarigioni…”. Oggi, anno 2020 : abbiamo dimenticato molte cose, molta storia, la Prevenzione , il Piano pandemico disatteso per assistere ad un turbinio di informazioni , che spesso ci confondono.

È storia di Legnano, è la storia di alcuni medici che hanno aiutato, che hanno sofferto e che hanno lavorato per questa città quando era ricca di tessiture e di fabbriche. Ricordare aiuta anche a costruire o ricostruire il futuro. È la mia storia, anche se di anni ne avevo 11 ma ancora rimpiango le persone , prima di tutti mio padre , che hanno arricchito la mia vita e lascito un segno profondo.
Mabi Capocasa

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