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Maltrattamenti nel centro disabili. Così un’operatrice socio sanitaria ha dato voce agli invisibili

Grazie ad un'operatrice di Castellanza che non si è piegata alle regole imposte dai gestori è emersa la storia di abusi nella comunità socio-sanitaria per disabili di Cesate

I metodi utilizzati all’interno della comunità alloggio socio-assistenziale “Il Sogno Verde” di Cesate venivano emanati direttamente dai gestori che aveva imposto un vero e proprio regime di terrore nei confronti degli ospiti, persone con disabilità mentali anche gravi che hanno dai 35 ai 57 anni.

Questa mattina i Carabinieri di Busto Arsizio hanno messo fine agli abusi che andavano avanti almeno dal 2017, arrestando i due gestori e applicando misure cautelari anche nei confronti dei cinque operatori che vi svolgevano servizio. Hanno potuto farlo grazie alla sensibilità di un’operatrice residente in Valle Olona che non si è piegata a quei metodi e ha deciso di raccontare tutto e ha presentato la segnalazione ai Carabinieri di Canegrate.

Regione Lombardia definisce questo tipo di strutture «comunità di accoglienza residenziale per disabili che si rende disponibile per accogliere persone adulte con grave disabilità, prive di sostegno familiare e che offre prestazioni di carattere socio sanitario. In queste strutture trovano ospitalità persone gravemente disabili che hanno eletto la CSS a loro dimora abituale e che necessitano, oltre che di assistenza ed aiuti nella vita di relazione ed in quella personale, anche di supporto e servizi sanitari. Vengono accolte persone con disabilità grave, adulti, residenti nel territorio della Regione Lombardia, privi di famiglia o la cui famiglia non è in grado di offrire loro adeguato supporto ed assistenza».

Spesso, quindi, le vittime oltre a non comprendere pienamente le vessazioni che venivano loro imposte, in alcuni casi non avevano nessuno a cui poterle raccontare, rimanendo invisibili. Non stupisce, quindi, che sia stata una operatrice socio sanitaria a far emergere quanto avveniva all’interno delle mura della casa famiglia con la sua denuncia ai militari della stazione di Castellanza che hanno fatto partire l’indagine.

Agli ospiti che non mantenevano la schiena dritta veniva infilato un manico di scopa nei pantaloni alla cui estremità superiore era posizionata una sorta di benda elasticizzata che veniva poi fatta indossare sulla fronte. Una pratica he causava dolori alle vittime le quali chiedevano inutilmente di porre fine a questo trattamento. In alcuni casi veniva impartita un’altra punizione umiliante che consisteva nel far sedere la persona da punire a tavola con gli altri ma senza poter mangiare. Altra vessazione era il getto di acqua fredda addosso, anche in pieno inverno, a coloro che si attardavano nel letto al mattino. Il tutto era condito da insulti e minacce.

 

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it
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Pubblicato il 13 Aprile 2021
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