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Legnano – Economia e società nell’800: “La dura vita agli esordi dell’Ottocento”

Gianni Borsa, giornalista e storico legnanese, ci aiuta a conoscere un secolo fondamentale per la svolta del piccolo borgo contadino, che preannuncia la "costruzione" della Legnano di oggi

Generico 2018

Gianni Borsa, giornalista legnanese, è conosciuto anche per la sua attività di storico, manifestata di recente per uno studio, in sede universitaria, della Legnano tra la fine del ‘700 e tutto l’800, in particolare sul piano economico e sociale.
Sull’800, parecchio il materiale raccolto, anche perchè, secondo Borsa, è il secolo che dà davvero la svolta al piccolo borgo contadino, che preannuncia la “costruzione” della Legnano di oggi.
Oggi, la seconda puntata: Legnano e la dura la vita agli esordi dell’Ottocento
Per il precedente servizio, cliccare qui


Legnano e la dura la vita agli esordi dell’Ottocento

Gli sviluppi economici e sociali del borgo di Legnano nella prima fase dell’800 sono segnati da alcune alterne vicende amministrative: in epoca francese è a capo di uno dei cinque Cantoni del Distretto di Gallarate, inserito a sua volta nel Dipartimento d’Olona; nel 1816, venendo a far parte del Regno Lombardo-Veneto, Legnano è aggregata al X Distretto di Busto Arsizio. L’Amministrazione municipale ha sede in pochi locali presi in affitto in un palazzo di proprietà dei marchesi Cornaggia, in piazza Maggiore (attuale San Magno) o “piazza Granda” (nella foto in copertina, con la riproposizione di uno storico dipinto): si occupa soprattutto di finanza comunale, di regolamentare le attività produttive e commerciali, dei problemi di igiene e sanità. Per quanto riguarda l’istruzione pubblica – allora assolutamente limitata in tutti gli Stati della penisola italiana –, nel 1820 viene istituita una classe elementare maschile, cui segue, due anni dopo, una classe femminile. Per ciascuna di esse il Comune provvede all’affitto delle aule e alla retribuzione dell’insegnante.

La popolazione di Legnano in questo periodo è assai limitata, benché il trend demografico si dimostri piuttosto vivace: dai 2.784 abitanti del 1805 si passa ai 4.536 del 1840. L’aumento degli abitanti del borgo – un fenomeno che si confermerà per tutto il secolo – si deve all’accrescersi del tasso di natalità, pur restando elevato anche il tasso di mortalità. In questo senso Legnano non fa eccezione rispetto alla situazione lombarda e italiana. La natalità si colloca attorno al 50‰, mentre la mortalità oscilla, nella prima metà del secolo, tra il 40 e il 45‰. Ad accrescere il numero dei decessi e a limitare la vita media a circa 30 anni è il dato sempre elevatissimo della mortalità infantile: dai registri conservati presso la prepositurale di San Magno (l’unica parrocchia a Legnano fino alla fine del XIX secolo) si riscontra una mortalità del 250‰ entro i primi giorni di vita, il che significa che un bambino su quattro muore a breve distanza dal parto. Sempre a Legnano sono ragguardevoli anche i dati della mortalità giovanile, entro i 15 anni d’età. Se si escludono le mortalità infantile e adolescenziale, l’aspettativa di vita media sale poco sopra i 40 anni.

La precarietà delle condizioni di vita in Lombardia e a Legnano si possono verificare mediante altri indicatori socio-demografici. I limitati progressi sino allora raggiunti sul versante della tutela della salute sono dimostrati dalle principali cause di morte: per tutto il periodo in esame si rileva infatti una forte incidenza delle malattie infettive (in particolare difterite, morbillo, scarlattina) e di quelle degli apparati respiratorio e digerente. Nel corso del XIX secolo le malattie bronco-polmonari e quelle gastro-enteriche conservano però il primato assoluto fra le cause di morte, a conferma dell’incidenza negativa dell’ambiente domestico e delle condizioni igieniche e sanitarie. Del resto nella Legnano preunitaria la presenza di un medico e di un chirurgo (una levatrice prende servizio solo negli anni ’60 dell’Ottocento) non è sufficiente per far fronte alle malattie e alle epidemie di colera o di vaiolo che ricorrono nel borgo.

Anche il sistema alimentare e le condizioni abitative influiscono pesantemente sugli standard di vita. Circa l’alimentazione la realtà italiana mostra – aldilà delle peculiarità dovute alle differenti condizioni geografiche e produttive delle singole aree – una condizione «piuttosto uniforme nella sua povertà»: si tratta sostanzialmente «di una dieta vegetale, costituita per lo più di pane o polenta di granturco o di altri cereali (non sempre di grano), spesso mal cotti date le cattive condizioni dei forni o l’uso di legna non adatta, e altrettanto spesso mal conservati, data l’umidità delle abitazioni. I legumi in genere, le verdure disponibili secondo le stagioni e i luoghi completavano pranzo e cena, dando vita ad un’infinita varietà di povere minestre di verdura. Condimenti erano il lardo e l’olio; l’uso di carne era rarissimo, privilegiando comunque quella suina od ovina». Formaggi e uova, qualora ce ne fosse la disponibilità, erano per lo più «destinati alla vendita per arrotondare i magri bilanci e poter avere eventualmente a disposizione denaro contante. Praticamente sconosciuto sulle tavole era persino il vino», per cui «la bevanda d’uso comune restava l’acqua. Entravano nell’alimentazione anche la farina di castagne e, in casi estremi di povertà e carestia, le erbe dei campi e le ghiande» [G. Vecchio, Profilo storico della famiglia italiana, San Paolo, 1999, p. 56]. Legata a una alimentazione eccessivamente dipendente dal mais è la diffusione della pellagra, una delle malattie ricorrenti a Legnano.

Le condizioni abitative non fanno che confermare la povertà e la precarietà in cui si vive in questi anni. L’abitazione del contadino è «cupa, disagiata, senza luce, spesso sotto il fetore delle cloache, nella quale sono ammucchiati in una stanza sola genitori, figli, e talvolta figli dei figli, chi su povero letto, chi su immondo stame gettato sul terreno. Eppure non tutti giungono a ripararsi su questo squallido abituro, giacché una gran parte di contadini [passa] tutto l’anno la notte sulle cascine, sotto i portici o nelle stalle, sotto quell’aria umida e pesante, a grave scapito della salute» [F. Della Peruta, Per la storia della società lombarda nell’età della Restaurazione, in «Studi storici», 16 (1975), pp. 327-328].

Tra i fenomeni sociali che confermano le difficoltà di vita delle classi meno abbienti (le osservazioni finora svolte non riguardano, evidentemente, le famiglie nobili o ricco-borghesi, che anche a Legnano costituiscono una minima parte della popolazione) si possono citare l’elevata età al matrimonio e il fenomeno dell’abbandono dei neonati. Nel primo caso si osserva che l’età per formare una famiglia va oltre i 25 anni per le femmine e i 30 per i maschi: l’insicurezza economica e la paura di non poter mantenere i figli frena la creazione di nuovi nuclei familiari tanto a Legnano quanto nelle altre aree della penisola. Nel secondo caso si verifica un acuirsi del numero delle “esposizioni”: i neonati vengono lasciati sulla soglia di conventi o di istituzioni caritative, che talora realizzano apposite “ruote”, così da rendere anonimo il triste momento del distacco dal figlio che non si riuscirebbe a crescere e a educare, oppure perché nato fuori dal matrimonio. A Legnano è l’Ospizio Sant’Erasmo che raccoglie, con il metodo della ruota, gli esposti, per poi inviarli alle cure dell’Ospedale Maggiore di Milano [cfr. L’Ospizio Sant’Erasmo di Legnano. Dal Medioevo al Duemila, a cura di G. Borsa, Legnano 2000].

Ma i tempi stanno per cambiare. La “rivoluzione industriale” attraversa l’Europa e presto porterà a Legnano profonde trasformazioni economiche e sociali, con sensibili miglioramenti della vita della comunità locale. [continua]

Gianni Borsa

Clicca qui per rileggere la prima puntata: “Due… foresti, all’origine della industria cotoniera”

Redazione
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Pubblicato il 23 Agosto 2020
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