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Legnano – Economia e società nell’800: Due “foresti” alle origini dell’industria cotoniera

Gianni Borsa, giornalista e storico locale, ci aiuta a conoscere un secolo fondamentale per la svolta del piccolo borgo contadino, che preannuncia la "costruzione" della Legnano di oggi

Legnano nell'Ottocento

Gianni Borsa, giornalista legnanese, già redattore del settimanale varesino Luce e direttore del settimanale lecchese Il Resegone, con una lunga esperienza nell’ambito dell’agenzia Sir per la quale è inviato a Bruxelles a seguire l’attualità europea, è l’attuale direttore di Popoli e missione, mensile della Fondazione Missio. In città, è conosciuto anche per la sua attività di storico, manifestata di recente per uno studio, in sede universitaria, della Legnano tra la fine del ‘700 e tutto l’800, in particolare sul piano economico e sociale. Studi che poi lo hanno portato a pubblicazioni con gli amici Vecchio, Gianazza, Macchione e altri.
Sull’800, parecchio il materiale raccolto, anche perchè, secondo Borsa, è il secolo che dà davvero la svolta al piccolo borgo contadino, che preannuncia la “costruzione” della Legnano di oggi.
Grazie a una amicizia che si mantiene inalterata dalla gioventù, abbiamo chiesto a Gianni di curare la redazione di alcuni servizi per questa nuova rubrica in cui confluire alcuni elementi storici già noti assieme ad altri, inediti, presi direttamente dall’Archivio comunale di Legnano e dalla migliore bibliografia storico-economica italiana ed europea. Oggi, la prima puntata: Due “foresti” alle origini dell’industria cotoniera

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Due “foresti” alle origini dell’industria cotoniera

Mentre l’Europa fa i conti con le guerre e le dominazioni napoleoniche, Legnano si presenta come un borgo con poco più di duemila abitanti, dediti all’agricoltura e a qualche lavorazione tessile a domicilio, finalizzata più all’autoconsumo che allo scambio commerciale. La popolazione vive – all’esordio del XIX secolo, così come accadeva nei secoli precedenti – in corti o in cascine: i nuclei familiari in genere si raccolgono in grandi compagini patriarcali. Attorno alle abitazioni trovano posto stalle, fienili e qualche bottega artigiana. Alcuni mulini disseminati lungo le sponde del fiume Olona alimentano una modesta attività molitoria.

Pochi proprietari terrieri, per lo più nobili o ricchi borghesi, possiedono la stragrande maggioranza della terra, affidata ai contadini in fondi di limitata estensione. Il contratto misto di affitto a grano e mezzadria prevale nella campagna asciutta della collina o altipiano lombardo: in quest’area si coltivano soprattutto grano, granturco e segale, cui si aggiungono le produzioni viticola (conosciuto da secoli è il vino dei Colli di Sant’Erasmo, peraltro molto diverso dalle qualità dei vini odierni) e gelsi-bachicola, alla quale si collega una tradizionale lavorazione serica. L’allevamento si limita a poche decine di capi bovini e ovini: la compra-vendita del bestiame avviene durante il mercato settimanale del martedì o durante l’annuale Fiera dei Morti, che si svolge da tempo immemore in coincidenza con la ricorrenza dei defunti all’inizio di novembre.

In tutta la regione circostante, comprendente il nord-ovest milanese, la bassa Valle Olona e l’area fra Gallarate, Busto Arsizio e Legnano (che gli storici identificano come Altomilanese o anche, riferendosi all’Ottocento, come Gallaratese), la filatura e tessitura del lino e del cotone vantano radici medioevali. Si tratta di una risposta quasi obbligata alla povertà dei contadini, che ben poco traggono dalla terra. La lavorazione tessile domiciliare avviene con rudimentali strumenti azionati dalla forza delle braccia e delle gambe, che producono un filato grossolano, adatto a creare stoffe di nessuna eleganza e senza eccessive pretese di protezione dal freddo. Melchiorre Gioia, attento osservatore dell’epoca annota infatti: «Allorché i lavori dell’agricoltura o cessano affatto o scemano alquanto, gran parte dei paesani batte, spina, espurga, fila il lino e il cotone. […] I fustagni, le cotonine, le bombasine risiedono principalmente in Gallarate, Busto Arsizio e nelle comuni contigue» [M. Gioia, Discussione economica sul dipartimento d’Olona, Pirotta & Maspero, Milano 1803, pp. 89-90].

Ma se all’apparenza la produzione di filati, specialmente di cotone, non mostra immediate potenzialità di sviluppo, cela in realtà un importante ruolo, quello dei mercanti-imprenditori, i quali riforniscono le famiglie della materia prima da lavorare e ne ritirano il prodotto da rivendere nei mercati rionali, comunali o sulle piazze di altre regioni. Fra questi personaggi troviamo nomi che caratterizzeranno la storia dell’industria dell’Altomilanese: Ponti, Cantoni, Turati, Borghi, Crespi, Tosi.

I primi, significativi, sviluppi delle attività tessili locali si registrano però a partire dal secondo decennio dell’Ottocento, con la Restaurazione asburgica, cui la Lombardia resta soggetta dalla caduta di Napoleone alla formazione dell’Italia unita. Il dominio austriaco introduce infatti il cosiddetto “sistema proibitivo”, cioè una sorta di difesa doganale che permette lo sviluppo delle manifatture interne in un clima protetto dalla concorrenza straniera. Proprio in questo ambiente economico i mercanti-imprenditori dell’Altomilanese trasformano, grazie anche ai capitali accumulati con la loro attività, la manifattura domiciliare in produzione cotoniera “accentrata”, riunendo in un opificio la manodopera, macchinari importati dall’estero (Francia, Svizzera) e la materia prima americana, prefiggendosi di conquistare il mercato veneto o austriaco. Non mancano le assunzioni di tecnici e operai tedeschi o elvetici di riconosciuta esperienza, in grado di organizzare una produzione “in scala” di filati e tessuti di cotone, secondo modelli produttivi già in atto Oltralpe.

In questo periodo l’Altomilanese diventa la “culla” dell’industria cotoniera, presentando una divisione funzionale del lavoro e delle produzioni tra i comuni bagnati dall’Olona, fra cui Legnano e Castegnate (oggi accorpato a Castellanza), e quelli più a nord-ovest, lungo il Sempione, specialmente Busto Arsizio e Gallarate: nei primi tende a consolidarsi la manifattura di filati, nei secondi si rafforza la tessitura, per il momento ancora domiciliare. Gli opifici in questa fase sono opera degli imprenditori Ponti (Gallarate, 1812), Crespi (Busto, 1815), Borghi (Varano, 1819), e di Costanzo Cantoni (Gallarate, 1820). Nel 1823 i tre figli di Andrea Ponti fondano il Cotonificio di Solbiate, con filatoi meccanici semiautomaticimule jenny, di fabbricazione estera.

A Legnano le prime iniziative si devono a due stranieri: nel 1821 lo svizzero Carlo Martin raccoglie in un vecchio mulino nella zona della Gabinella alcuni macchinari in legno per filare; tre anni più tardi prende avvio la produzione cotoniera realizzata dal tedesco Eraldo Krumm. [continua]

Gianni Borsa

  • Nella galleria fotografica, gli stabilimenti della Cantoni-Krumm nel 1880; operaie del Cotonificio Cantoni, la filatura Martin fondata nel 1821, fu la prima aperta Legnano; un dipinto di piazza San Magno nell’800 di Giuseppe Pirovano (da Wikipedia e Wikiwand)

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Pubblicato il 20 Agosto 2020
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