Referendum, nel Legnanese “Sì” oltre l’80% per il lavoro. Ma per la cittadinanza un elettore su tre ha votato “No”
Nel Legnanese ha votato per i referendum poco più di un elettore su tre. Tra i pochi che alle urne ci sono andati ha vinto il sì

Le previsioni della vigilia hanno trovato ampia conferma nelle urne: i referendum su lavoro e cittadinanza italiana non hanno raggiunto il quorum e quindi il loro “verdetto” non sarà valido. Anche nel Legnanese ha votato poco più di un elettore su tre. Tra i pochi che alle urne ci sono andati, comunque, anche nel nostro territorio ha vinto il sì, con percentuali – per quanto l’affluenza flop permetta di dirlo – bulgare per il lavoro, ma meno nette per la cittadinanza: un elettore su tre, infatti, ha detto “no” al taglio degli anni di residenza per ottenere la cittadinanza italiana.
I risultati dei referendum nel Legnanese
Reintegro licenziamenti illegittimi
Il primo quesito referendario, con scheda verde chiaro, riguardava i licenziamenti illegittimi e chiedeva agli elettori di esprimersi rispetto all’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti introdotta dal Jobs Act, che consente di non reintegrare nel posto di lavoro i dipendenti assunti dopo il 7 marzo 2015 nelle imprese con più di 15 lavoratori licenziati in modo illegittimo, a fronte di un indennizzo economico tra le sei e le 36 mensilità di stipendio.
Licenziamenti e limite indennità
Il secondo referendum, con scheda arancione, riguardava l’abrogazione del limite dell’indennità per i licenziamenti ingiustificati nelle piccole aziende, nell’ottica di aumentare le tutele per chi lavora in imprese con meno di 16 dipendenti dove al momento, in caso di licenziamento illegittimo, si può ricevere un’indennità massima pari a sei mesi di stipendio.
Tutela contratti a termine
Il terzo quesito, con scheda griga, verteva invece sui contratti a termine. Anche in questo caso il referendum puntava ad eliminare alcune norme introdotte dal Jobs Act, nello specifico quelle relative all’utilizzo dei contratti a tempo determinato, che fino ai 12 mesi di durata non richiedono al datore di lavoro l’indicazione di un motivo specifico: il quesito mirava infatti a reintrodurre l’obbligo di una “causale” per l’assunzione a termine e non a tempo indeterminato.
Responsabilità infortuni sul lavoro
Al centro del quarto quesito, per il quale la scheda era rosso rubino, c’era la responsabilità dell’imprenditore committente in caso di infortuni sul lavoro o malattie professionali. La normativa che il referendum chiedeva di abrogare prevede che il datore di lavoro committente sia responsabile in solido con l’appaltatore e i subappaltatori per i danni subiti dai lavoratori che non hanno la copertura assicurativa, ma esclude questa responsabilità di fronte a danni causati da rischi specifici dell’attività dell’appaltatore o del subappaltatore.
Cittadinanza italiana
Il quinto ed ultimo referendum, con scheda gialla, aveva infine l’obiettivo di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza necessari per ottenere la cittadinanza italiana, mantenendo inalterati gli altri requisiti.
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