Maxi operazione contro l’ndrangheta: 97 misure cautelari in tutta Italia. Un arresto a Parabiago
I carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, sono impegnati in una maxi operazione in tutta Italia contro la ‘ndrangheta, denominata "Millennium". Emerso anche il legame delle cosche con la politica

Dalle prime luci dell’alba di oggi, 21 maggio, i carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, sono impegnati in una maxi operazione contro la ‘ndrangheta, denominata “Millennium”. Ben 97 le misure cautelari in via di esecuzione in tutta Italia. Tre arresti sono stati eseguiti a Milano e uno a Parabiago. Emerso anche il legame delle cosche con la politica attraverso l’infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche. Accertata anche l’associazione mafiosa attraverso pratiche illegali di procacciamento di voti in diverse consultazioni elettorali, in particolare per una candidata (poi non eletta) alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria.
L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Dott. Giuseppe Lombardo, coinvolge 14 Province: Reggio Calabria, Milano, Monza e Brianza, Pavia, Nuoro, Bologna, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Roma, Rimini, Verona, Agrigento e Torino. Ad eseguirla sono i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, supportati in fase esecutiva dai militari dei Comandi Provinciali competenti per territorio, dal ROS, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria e Sicilia, dal 14° Battaglione “Calabria”, dal Nucleo Cinofili e 8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia ed inoltre con il supporto dell’Unità ICAN (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) dello S.C.I.P. per gli aspetti di cooperazione internazionale di Polizia.
Interessate alcune tra le più importanti cosche di ndrangheta i cui sodali sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno all’associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico, anche internazionale, di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, scambio elettorale politico mafioso e detenzione e porto di armi.
Sequestrate due società
I procedimenti penali, ancora in fase di indagini preliminari e fatte salve quindi le diverse valutazioni nelle fasi successive, hanno previsto l’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dall’ufficio GIP del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della DDA, nei confronti di 97 indagati (di cui 81 in carcere e 16 agli arresti domiciliari) e il sequestro preventivo di due società – attive nella ristorazione e nell’edilizia – ritenute riconducibili agli indagati e utilizzate per favorire le attività illecite dell’associazione.
L’operazione di oggi è l’epilogo di una vasta attività d’indagine svolte dai Nuclei Investigativi del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria e del Gruppo di Locri, nonché dalla Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Locri, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sin dal 2018, e raggruppano 5 procedimenti penali che riguardano le maggiori consorterie di ndrangheta operanti nei tre mandamenti della provincia reggina (centro, jonico e tirrenico).
“La provincia” e i “locali”
Le indagini confermano la struttura unitaria della ‘ndrangheta attraverso il collegio della “Provincia”, organo di raccordo tra i “locali” reggini e quelli operanti in altre regioni e all’estero. Tale struttura regola ogni nuova costituzione di strutture di ‘ndrangheta, ingerendosi anche nelle assegnazioni delle nuove cariche, garantendo il rispetto delle regole dell’associazione e dirimendo controversie tra gli associati. Sono stati documentati gli assetti operativi dei “locali” di Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri, oltre a quelli di Volpiano (TO) e Buccinasco (MI).
Traffico internazionale di droga come attività industriale mafiosa
Le cosche gestivano in regime di monopolio il traffico di cocaina, importata da Colombia, Brasile e Panama tramite container occultati e sbarcati al porto di Gioia Tauro con la complicità di operatori portuali. La distribuzione sul territorio nazionale era affidata a una struttura sovraordinata, frutto di un’alleanza tra i locali dei tre “mandamenti” della provincia. In questo ambito l’attività degli investitori in passato aveva già condotto al sequestro di ingenti quantità di sostanza stupefacente.
Estorsioni e infiltrazioni
Sono state riscontrate le attività estorsive delle cosche nei confronti di commercianti e imprenditori. In particolare la cosca “Alvaro” imponeva la cosiddetta “messa a posto” nei confronti delle ditte aggiudicatarie di lavori pubblici e a commercianti intenzionati ad aprire punti vendita nel territorio del “locale” di Sinopoli. La cosca “Barbaro Castani” chiedeva il “pizzo” del 3% del valore dell’appalto agli imprenditori locali che operavano nel territorio sottoposto al loro controllo. Le indagini hanno inoltre evidenziato infiltrazioni nelle pubbliche amministrazioni, finalizzate all’acquisizione di informazioni su appalti, ditte vincitrici e stato dei pagamenti.
Lo scambio elettorale politico mafioso
E’ stata inoltre accertata l’esistenza di un’associazione a delinquere (i cui appartenenti sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari) promossa da uno degli arrestati e finalizzata a favorire l’associazione mafiosa attraverso pratiche illegali di procacciamento di voti in diverse consultazioni elettorali e in particolare per una candidata (poi non eletta) alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria.
Particolari vicende investigate
Tra gli episodi più gravi: un sequestro di persona ai danni di un affiliato alla cosca Alvaro per un debito di 45.000 euro; un’estorsione da 125.000 euro finalizzata – senza successo – a corrompere un magistrato presso la Corte di Cassazione; il coinvolgimento di un indagato nel sequestro e omicidio di Mariangela Passatiore (Brancaleone, 1977), i cui resti non furono mai ritrovati.
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