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In 18 mesi 4.500 volte su Facebook al lavoro: licenziata

La Cassazione ha ritenuto i 6mila accessi in 18 mesi, di cui 4.500 su Facebook «idonei ad incrinare la fiducia datoriale»

Seimila accessi a siti internet estranei all'ambito lavorativo durante l'orario d'ufficio, con ben 4.500 "visite" a Facebook: l'attività sul web è costata cara alla segretaria part time di uno studio medico, che è stata licenziata dal datore di lavoro. E ha deciso di portare la questione davanti alla sezione Lavoro del Palazzaccio.

Si torna così a parlare dell'utilizzo sul posto di lavoro di internet in generale e dei social network in particolare, con Piazza Cavour chiamata in causa dopo che il Tribunale di Brescia prima e la Corte d'Appello poi avevano rigettato l'impugnativa della lavoratrice contro il licenziamento disciplinare.

Gli Ermellini hanno accolto la tesi già fatta propria dalla Corte d'Appello al termine del secondo grado di giudizio, in base alla quale era stata esclusa la natura ritorsiva o discriminatoria del licenziamento dal momento che la donna non aveva negato «di avere effettuato, in orario di lavoro, la gran parte degli accessi a siti intemet estranei all'ambito lavorativo riscontrati sulla cronologia del computer ad essa in uso, sottolineando come lo stesso tipo di accesso, con riferimento a Facebook, necessitasse di password, e non potessero quindi aversi dubbi sul fatto che fosse la titolare dell'account ad averlo eseguito». La Corte bresciana, inoltre, aveva sottolineato come «la dimensione del fenomeno, circa 6mila accessi nel corso di 18 mesi, di cui 4.500 circa su Facebook, per durate talora significative, evidenziava la gravità di esso, in contrasto con l'etica comune, e l'idoneità certa ad incrinare la fiducia datoriale». 

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 08 Febbraio 2019
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