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Da Rescaldina all’Ucraina sulle orme dei soldati italiani nella ritirata di Russia

Danilo Dolcini, rescaldinese, è in partenza per un trekking di sette giorni dal fiume Don alla località di Nikolajewka

Immagine di copertina tratta da VareseNews


Da Rescaldina all'Ucraina sulle orme dei soldati italiani nella ritirata di Russia: Danilo Dolcini, che da anni organizza viaggi e spedizioni in Russia nelle zone in cui combatterono i nostri soldati durante la seconda guerra mondiale, sabato 18 gennaio è pronto a rimettersi in viaggio, questa volta per un trekking di sette giorni dal fiume Don alla località di Nikolajewka, tristemente famosa per la battaglia che lì si svolse il 26 gennaio 1943 e permise ai resti del Corpo d'Armata Alpino di rompere l'ultima linea di accerchiamento sovietica e di rientrare nelle linee tenute dalle truppe tedesche. Ben 150 chilometri a piedi, nella neve, attraverso i paesi citati in "Centomila gavette di ghiaccio" e ne "Il sergente nella neve". 

«Faremo un paio di notti a Rossosch, che era sede del comando del Corpo d’Armata Alpino, muovendoci per due giorni nei dintorni – ha spiegato Dolcini a VareseNews. Poi partiremo da Podgornje, che era stato il punto di riunione della Divisione Tridentina, e arriveremo a Nikolaevka  il 26».

[pubblicita]Una data, il 26, che non è casuale, ma l’esatta ricorrenza del giorno della battaglia di Nikolaevka del 26 gennaio 1943, il momento in cui gli alpini – con una memorabile "carica della disperazione" – riuscirono a sfondare l’accerchiamento delle truppe sovietiche che avevano chiuso in una sacca tutta la retroguardia italiana (gli alpini erano stati gli ultimi a presidiare il fronte per evitare il completo accerchiamento).

Il percorso prevede circa 20-30 km di marcia ogni giorno, ed è un modo per accostarsi all’esperienza vissuta da migliaia e migliaia di alpini, fanti, artiglieri e genieri dell’Armir, l’Armata italiana in Russia: «Dal 2011 ho iniziato a condurre questi viaggi, per cercare di capire quello che hanno vissuto, sono passato nelle zone degli alpini e anche degli altri reparti. Abbiamo ideato il trekking, che è la formula per accostarsi nel modo più vicino e rispettoso a quello che hanno vissuto quei ragazzi». Certo, tutti diversi sono i materiali, i ritmi di marcia e – ovviamente – le condizioni: oggi in pace e ieri in guerra, con le colonne perennemente sotto la pressione dei carri armati, dei mitragliamenti aerei, degli attacchi di sorpresa dei russi.

Dolcini non ha un legame familiare con la tragedia dell’Armir: «Spesso questa cosa stupisce le persone con cui parlo, perché non ho nessun parente coinvolto. Sono stato folgorato fin da ragazzino dai libri di Bedeschi e Rigoni Stern». Hanno parenti invece alcuni dei camminatori che parteciperanno al trekking, quattordici persone che vengono da Bergamo, da Brescia, ben sei dal Monte Grappa, un friulano.

Il gruppo viaggerà secondo un programma organzzato, anche con intermediari e guide escursionistiche locali, «dormendo anche in case russe, anche in questo caso per vivere una esperienza in qualche modo vicina a quella dei nostri soldati».

[pubblicita]Come detto, il gruppo arriverà a Nikolaevka nel giorno in cui anche i russi commemorano la dura battaglia del 1943, in cui caddero anche tanti ragazzi che venivano dalle Repubbliche Sovietiche. «I russi fanno una cerimonia per i loro Caduti, una cerimonia che è molto sentita, non solo a Nikolaevka ma anche in altre locali. E anche quel giorno faremo memoria dei nostri Caduti e anche dei loro».

Nel corso dei viaggi, gli italiani sono spesso guardati con simpatia in Russia e Ucraina, come ha raccontato quest’estate a VareseNews anche Giovanni Bloisi. Molte persone testimoni di quei fatti ricordano con rispetto i soldati italiani, che furono inviati dal regime fascista a invadere una terra straniera ma seppero anche convivere con la popolazione e furono aiutate con umanità nel corso della ritirata, quando lottavano per tornare a casa.

Anche Dolcini (che gestisce una pagina Facebook specifica, "Un italiano in Russia") ricorda i racconti degli anziani, persone che erano ragazzini 70 anni fa e oggi sono tra gli ultimissimi testimoni: «Proprio nel paese appena dopo Pogornoje, a Opit, nel 2013 abbiamo incontrato una signora, che nel 1943 era una bambina. Lei era presente, ha visto la ritirata della Divisione Tridentina, formata da migliaia di uomini: ci ha raccontato che sulla faccia di tutti i ragazzi aveva visto la paura e il terrore». Migliaia non sarebbero tornati alle loro case, ma non sono stati dimenticati.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 17 Gennaio 2020
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